giovedì 31 dicembre 2020

2020 Odissea dentro casa

Sono le ultime ore di un anno strano, e le ultime ore se mi soffermo a contarle, mi fanno sempre più paura di tutte le altre; ho sempre il terrore che possano portarsi via qualcos'altro, mai che possano aggiungere qualcosa di buono. Ogni anno, come ogni essere umano, come ogni cosa, non è mai interamente buono o interamente cattivo, anche quando non riusciamo a capire gli avvenimenti, a decodificare la realtà, c’è sempre qualcosa che è buona anche se non riusciamo a vederla o cattiva anche se non riusciamo a capirlo. È stato un anno decisivo soprattutto nel male, e per ognuno di noi, e per il mondo intero, anche se la nostra capacità di penetrazione della realtà è ridotta, sempre, ma spesso ancora di più quando crediamo di essere geni in possesso di un verbo che poi in realtà non interessa a nessuno, e che chi ci vuole bene subisce con dispiacere e delusione.Un anno al confine con la fantascienza, che ci ha gettati nell'incredulità e nella consapevolezza di essere in realtà soli, non comunità, non società; soli senza nessuna tutela, soli contro un mostro che ha mille volti, mille nomi, mille modi per tradirci. Io che sono nata negli anni 70 mi sento un essere preistorico che ha vissuto in un altro mondo, un mondo che pian piano senza che io me ne accorgessi mi hanno disintegrato davanti agli occhi. Inimmaginabile, incomprensibile, fuori da ogni umana logica.  Ho sempre visto la casa come un rifugio, quasi il mio luogo segreto a cui tornare la sera, un luogo di calore, e silenzio, e amore in cui togliersi le scarpe e godersi un bicchiere di vino. L’inizio di quest’anno nella costrizione della chiusura in casa, una costrizione che ha cambiato gli equilibri, lavorativi, affettivi, umani, mi sono ritrovata a vivere la casa quasi fosse un rifugio antiatomico. Il silenzio ha assunto significati diversi, il mondo fuori mi è sembrato lontano, inaccessibile, più pericoloso di sempre. Persino dell’aria ho avuto paura, quell'aria che io a volte tiro a fatica nei polmoni, perché porta con se mille allergeni che mi fanno soffrire e ricorrere a farmaci che mi aiutano a respirare meglio. Non  avevo bisogno di un’altra paura, che adesso non ho più per fortuna, non avevo bisogno della lontananza dalla mia famiglia per amarla o apprezzarla di più, non avevo bisogno di nulla di quello che ho dovuto vivere e non vivere. Non avevo bisogno di tempo per riflettere su nulla, lo faccio già di continuo. Sono sempre riuscita a ritagliare del tempo per me, per le mie cose, i miei pensieri, per quello per cui per me vale la pena. Per quello che mi ha sempre salvato dalle difficoltà e brutture della vita. Non avevo bisogno di un’odissea casalinga che dandoti apparentemente più tempo, in realtà te lo toglie. Non ho dipinto un solo quadro, mi sono arenata nella scrittura del mio secondo libro; arenata, spiaggiata. Non ho potuto fare il tour di presentazioni del primo che è uscito proprio in questo 2020 buttandomi addosso la certezza di essere chi ho sempre creduto, perchè non puoi essere qualcosa che il mondo non ti riconosce, e la certezza di essere qui per quella ragione: scrivere. E ho scritto, ho scritto tanto, ma per lavoro. Ho iniziato delle collaborazioni con dei giornali, di cui uno americano. Ho ritrovato un cugino lontano che sta ricostruendo il nostro albero genealogico; l’America è stata anche un po’ la nostra seconda patria, grazie a Joe Di Maggio, ed essere letta li mi fa sentire come a cavallo fra due mondi. Non ho letto più libri che in altri anni, li ho letti anche per scriverne, perchè leggere è stata sempre una priorità nella mia vita, sin da quando ho imparato a farlo. Questo 2020 nel bene e nel male mi ha dato di più di quanto mi abbia tolto per fortuna, perché gli anni che lo hanno preceduto mi hanno solo derubato senza restituirmi niente che non fosse quel senso di mancanza e perdita che non mi abbandona mai. Anche se i miei morti sono sempre con me, mi è mancato il non poter andare a visitare le loro tombe. Abbiamo anche un corpo, ed è importante, così come è importante il luogo in cui è custodito quando lo lasciamo. Non è vero che le tombe sono solo tombe, e quando per qualche tempo me ne allontano, i miei affetti mi richiamo venendomi in sogno. È un luogo sacro il cimitero, e sorrido ogni volta che entrando, in qualsiasi giorno della settimana, di qualsiasi mese, lo ritrovo sempre pieno di fiori freschi, vivi come il ricordo, l’assenza, il dolore e quell'amore che continua ad essere cura. È stato un anno nel limbo, un po’ come un breve viaggio dantesco. Un anno sospeso nell'incredulità, nello sgomento, nella visione di un mondo che torna irrimediabilmente indietro perché non esiste più il coraggio, la libertà dell'intelligenza, l’onestà della dignità. Non esiste più tutto quello che ci aveva portato fino a qui col sacrificio del sangue, del dolore, della forza del genio dell’uomo Ulisse, dell’uomo Dante, Leonardo, Raffaello e potrei nominarli tutti, intellettuali, scrittori, imperatori, condottieri, guerrieri, grandi statisti, politici, UOMINI. Un anno sospeso nell'incredulità, nello sgomento, nella visione di un mondo che torna irrimediabilmente indietro perché non esiste più l’uomo.