martedì 31 dicembre 2013

Saturno pro e #contro

Mi era sembrato un bel sogno e infatti lo è stato, per un solo attimo, non poteva essere possibile infatti che Saturno uscisse finalmente dal segno del Leone! Controverso pianeta, sempre negativo, ci hanno girato anche un film sulla sfiga che porta una volta entrato nel tuo cielo, e infatti, nemmeno si può raccontare cosa ha significato nel mio, soprattutto negli ultimi anni. Neanche per il 2014 si prevede che si tolga dalle "stelle", niente, staziona, ma questa volta bonariamente, dicono, e nella sola maniera in cui può essergli possibile. Sembrerebbe infatti che stavolta ti sevizierà solo per farti capire dove stai sbagliando, hai sbagliato, e cosa devi cambiare per andare avanti al meglio. Ma che gentile, che bellezza, e soprattutto che fortuna! Ancora! In effetti per me che non faccio bilanci solo a Gennaio, è stato un anno migliore di altri in quanto a crescita e consapevolezze, uno di quegli anni in cui per citare il cantautore del mio cuore, quello che non mi vuole sposare, ti sembra che tutto vada bene anche quando le cose vanno male. Ho scoperto che anch'io ho la forza di dare forza in quei momenti di paura e panico che precedono un intervento chirurgico, che posso aspettare fuori da quella porta con fiducia, e sorridere dopo, e vegliare notti intere in ospedale. Ho scoperto che posso essere pilastro portante. Ho viaggiato un po', e questo adesso so, ti rimescola dentro in modi che non sapevi: partire, mettersi alla prova , misurarsi con il mondo fuori, la nostalgia per quella gatta che ti illudi dipenda da te, di cui ti prendi cura come fosse la tua bambina anche quando scopri che è lei in realtà che veglia su di te. Scoprire senza paura di essere soli, di potere cavarsela senza nessuno, e scoprire soprattutto che questa che credevi fosse qualcosa di terribile da scoprire è invece quel qualcosa che ti da un'ebbrezza interiore, una forza, una coscienza di te che non sapevi né speravi di poter avere.  E poi, guidare tanto, da sola, per ore, o avendo la responsabilità di altre vite, portare invece che essere portata. Ho imparato che non mi fa più impressione andare al bar da sola, o al ristorante o al mare o dovunque, da sola perchè voglio così, perchè mi piace così, perchè sto bene così. Ma è stato un anno anche di amici ritrovati, amici senza i quali la vita sarebbe estremamente più difficile e triste, di amici nuovi e già da subito vicini al mio cuore, di quelli che sai che rimarranno per sempre esattamente come quelli che ci sono ogni giorno da quando eri bambina. Un anno di perdite  affettive, di un amore che non è più lo stesso, che diventa diverso, che ti spiazza inizialmente come fosse una sfortuna ma che poi grazie a Saturno, evidentemente, capisci che è meglio così, che grazie a questo vivrai più sereno, più per te, e soffrirai di meno nel presente e nel futuro. E' stato, dopo gli ultimi tre lunghi anni, un anno senza di lui, e già solo per questo è stato meraviglioso a dir poco! Liberarsi di persone pericolose e danneggiate oltre ogni limite, ti aiuta ,sempre grazie all'incubo che  Saturno ti ha fatto vivere, a riconoscere in chiunque altro i segni della pericolosità. E' stato un anno in cui ho conosciuto altri uomini, ovunque, magari mi sono piaciuti, magari non li ho amati, ma ho capito che posso andare avanti, che esistono realtà assolutamente sane e che presto tornerò ad amare. E' stato un altro anno senza Alessandro, e questo non mi ha fatto male nemmeno per un momento, o forse magari uno solo, ma di breve durata, e anche questo è meraviglioso. Per il resto ho cambiato casa, accorciato i capelli, cambaito i colori del trucco, ho continuato a mangiare tanto quanto mangio, anzi anche di più e ho preso peso, e mi sento meglio, mi vedo meglio! Vivo libera nel cuore, nella mente, nelle vita, amo le mie abitutidini, non ho più sensi di colpa, scrivo, scrivo e scrivo e non ho perso quella sana pazzia con cui vivo tutte le cose della mia vita ogni giorno. Si, mi piacerebbe che Saturno fosse finalmente messo in ombra da Giove e che un pò più di fortuna mi bagnasse i capelli e il sorriso e gli occhi, per il resto dal momento che vivo nella continuità farò di questa sera una sera come tutte le altre, di questa notte una notte come tutte le altre, e di buoni propositi per il nuovo anno non ne ho assolutamente nessuno.

martedì 10 dicembre 2013

Quattro funerali e nessun matrimonio

Noi esseri umani siamo fatti così, quando ci succede qualcosa di brutto, ma anche di buono e bello, vogliamo che le persone che amiamo ne siano subito informate. Abbiamo bisogno di sentire i legami, al punto che spesso per sentirli ce li inventiamo anche quando non ci sono, si, abbiamo bisogno che qualcuno segua la nostra vita nelle sue fasi più importanti, belle o brutte che siano. E' cosi' che arrivano le notizie, fulmini a cielo coperto anche quando te le aspetti. Notizie che riguardano nascite, proposte di matrimonio, esami superati o non superati, diagnosi, e sconfitte, e delusioni e poi le più terribili, quelle che riguardano la morte. Ti colpiscono in genere nel cuore della notte o di giorni in cui ti alzi e senti qualcosa di strano nell'aria, come fosse ferma, senti come se un dolore stesse per venirti incontro come un muro che non puoi evitare. In mezzo a circostanze come questa in genere ti chiedi come consanguinei possano essere cosi' diversi, a volte solo all'apparenza, altre profondamente. Si, i parenti non si scelgono è vero, ma a volte bisognerebbe proprio cancellare da sé ogni traccia di appartenenza a quelle che sembrano altre specie, diverse dalla tua. Ci sono zii, cugini, fratelli anche capita, di cui crescendo non sai proprio che fartene. Nel mio caso per esempio pur non avendo mai frequentato un ramo della nostra famiglia per fortunose ragioni scelte dal destino, mi ritrovo comunque, ogni tanto, a dover fare la mia parte nel rispetto di chi amo, e questo succede soprattutto ai funerali, a quelli dove davvero non puoi decidere di non andare. Compenetrandomi nel dolore come sono solita fare, mi convinco che possa essere reale, come nelle specie normali, penso a come sarebbe il mio di dolore, e mi commuovo fino alle lacrime. Forse perchè credo che il dolore sia l'unico, vero, reale, sentimento della vita, solo che nel momento in cui torno in me invece mi ritrovo a sperare di star bene ancora per molto tempo, di non morire presto, solo perchè non vorrei mai e poi mai e dico mai ritrovare certa gente al mio di funerale! Sarebbe davvero una pessima giornata anche da morta, di quelle davvero sgradevoli, correrei il rischio di risvegliarmi per la rabbia e il disgusto, di tirarmi su dalla bara per buttare tutti fuori dalla chiesa. Lo spettacolo della morte e della vita nello stesso posto è a dir poco grottesco, sempre, soprattutto al chiuso di una chiesa. Mi ritrovo a pensare a come possa essere possibile generare figli che ti abbandonano fino ad ucciderti, per chissà quale ritorsione, vendetta, ignoranza o disumanità nei confronti di chi ormai è vecchio e inerme e anche il male che ha fatto dovrebbe contar meno, se lo ha fatto. In momenti come questo penso che non sempre siamo il risultato di una educazione ben precisa, in momenti come questo credo che a far da padrona sia la nostra natura, solo quella, quel dentro con cui nasciamo e che nessuno sa davvero da dove venga. In momenti come questo penso che non mi dispiace non avere avuto dei figli, quei figli che un giorno  potrebbero staccarmi l'ossigneno solo per il loro bene, perchè sono diventata un peso, perchè hanno dimenticato tutto l'amore e la fatica e la preoccupazione che mi è costato crescerli. L'ho visto succedere anche nelle famiglie migliori, come si suol dire, e non soltanto in quelle composte da umani e sub umani. E poi adesso che non siamo più ragazzi succede che muoiono i genitori degli amici che hai intorno, e quando sono i tuoi più cari amici non sai davvero quale sia la tua parte, cerchi di essere presenza viglile e discreta, sostegno. Pensi a cosa dire, a qualcosa che possa non suonare banale, vuota, insensata, ma poi ti accorgi che le uniche cosa che puoi dire puoi dirle soltanto coi tuoi occhi, acquosi, amorevoli, veri, perchè solo gli occhi posso arrivare dove devono, e gli occhi non si dimenticano. Adesso vado purtroppo, devo esserci per un altra persona che amo, un 'altra amica che deve dire addio ad una parte di sè, di quella sua carne che l'ha generata e che non potrà toccare mai più. Si, adesso vado, riprendo fiato e vado, devo esserci ancora per un altro funerale.

sabato 7 dicembre 2013

Anestesia emotiva.

Scrivo di notte, una notte questa, fonda e scura come un abisso, una di quelle notti dove tutto sembra fermo : la città, il tempo, la vita, tutto tranne il vento. Scrivo di notte quando ormai tutti dormono e in tv non danno quasi nulla, le mie serie tv preferite sono ormai andate in onda ed io non ho più scuse per non mettermi a lavoro. Scrivo, in questa notte mentre fuori piove, i marciapiedi sono deserti, le strade sono vuote, non ci sono gatti sui tetti e io mi chiedo dove si rifugino, dove trovino riparo mentre la mia, ignara dei pericoli, è a letto, al caldo, e aspetta solo che io la raggiunga.  Scrivo di notte perchè è più facile entrare in quelli che sembrano altri mondi, altre vite, cerchi di fuoco dentro cui fare un salto. A quest'ora tutto sembra irreale e allo stesso tempo più vero, e io poi alla luce del giorno sono diversa, dura, spesso inflessibile, assoluta, forte, ma indisciplinata e maledettamente pigra. Troppo pigra per fare ginnastica, apparecchiarmi la tavola, troppo pigra persino per godermi la vita, attraverso periodi in cui mi trascino in un disordine perfetto sia estreriore che interiore. In uno di questi momenti, mentre corro per inerzia, mi chiedo cosa sia, cos'è che scatta dentro di me o fuori di me, cosa genera insomma questo mio vivere come in una sorta di anestesia emotiva. Io che sono capace di arrabbiature furibonde, ipercritica per natura, sempre pronta ad andare oltre, oltre, e poi ancora oltre, ogni pensiero, ogni visione, ogni cosa, vivo come una sorta di limbo ebete. Guardo senza vedere, sento senza ascoltare, non leggo, non scrivo, non dipingo, non mi interesso a niente e a nessuno, vivo benevola e paciosa come in un sonno senza sogni o incubi, senza gioie e senza dolori. Senza desideri, pulsioni, cerco con il mio sguardo interno, di catturare, analizzare e distruggere quel qualcosa che c'è sempre prima di un niente, un niente in cui poi vivi senza avvertire mancanze, e quando non avverti mancanze non cerchi neanche l'amore, ti chiudi ad esso, non ci pensi, non puoi innamorarti di nuovo. E quel qualcosa invece, quello che precede questo nulla forse non esiste fuori di me in realtà, forse non succede niente davvero, forse è solo quella parte di me che mi ha tenuta ferma, quel difetto caratteriale che mi ha fatto prendere una strada dalla quale ad un certo punto ti accorgi di non poter più tornare indietro, quel qualcosa che forse è quella parte di me che mi fa male, che non potrò mai sdradicare del tutto, che a volte non ho la forza di contrastare. Allora aspetto, mi accetto, non posso fare altrimenti ho imparato, ma soprattutto non posso accelerare l'arrivo di quella perturbazione interiore che come dal mondo fuori, dal cielo di questa notte magari, finalmente, entrerà dentro di me per rimescolare di nuovo tutto e rimettere ogni cosa al suo posto, in ordine, in movimento. Aspetto.

venerdì 22 novembre 2013

La schiavitù del non #amore.

Ci sono desideri, sogni, che possono farci ammalare, che ci rendono schiavi di frustrazioni che altrimenti non avrebbero motivo di albergare ferocemente in noi, in chi non ha la capacità di prendere coscienza della realtà, di recuperare  il contatto con quest'ultima. Ci sono sogni, desideri di bambini che ancora ci fanno scegliere una cosa piuttosto che un'altra, senza che ne riusciamo a capire subito la ragione. Ci sono quei sogni invece che ci trasciniamo dietro sin dall'istante in cui sono andati in pezzi e non siamo più riusciti a ricomporli. E poi e sono i peggiori, ci sono quei sogni che non riguardano noi, la nostra vita passata e presente o futura, ma riguradano solo altri che non guardano nella nostra direzione. Sono desideri che riguradano altri che spesso hanno dimenticato che esistiamo, ammesso che lo sappiano, o altri che ci considerano come meglio credono e non è mai come noi vorremmo che ci considerassero, o peggio, riguardano altri  che ci hanno conosciuti e dimenticati o per i quali non contiamo più nulla o non abbiamo mai contato davvero. Certo detto da me che ho scritto di volere sposare Claudio Baglioni non so se risulta più vero o più comico, ma il mio desiderio, il mio sogno vero, non si chiamava Claudio ma Alessandro, non sapeva nemmeno cantare, e aveva occhi color piscina, occhi in cui ancora oggi faccio fatica a non affogare. Occhi che potevano diventare nostalgia e malattia, se solo glielo avessi permesso. Siamo stati tutti l'amore della vita di qualcuno, il sogno di qualcuno e per alcuni sicuramente molti di noi quel sogno lo sono ancora. La qual cosa però diventa davvero sgradevole quando un sentimento così privato, anche romantico se vogliamo, lo si fa diventare pubblico in maniera ossessiva, negativa, volgare, bugiarda. Ho scoperto negli anni di essere stata con uomini che non avevo mai degnato di uno sguardo che non significasse il doversi salutare appena con un cenno. Ho saputo di avere avuto storie di varia natura, con uomini evidentemente disturbati a tal punto da inventarsi un amore nei loro confronti che da parte mia non era nemmeno amicizia, spesso addirittura erano uomini che conoscevo appena, in qualche caso affatto. Mi rendo conto di quanto e come gente non appetibile si possa inventare qualunque cosa per cercare invano di diventarlo, di poterlo anche solo sembrare. Ancora oggi scopro su qualche bacheca feisbucchiana di avere avuto una grande storia d'amore finita malissimo con qualcuno che si inventa affinità, feeling e storie alla sliding doors che riguardano noi due, per giustificare comportamenti ossessivo compulsivi, ingiustificabili, paranoici, scadentemente volgari che spaventano non poco dati i tempi in cui viviamo, e che potrebbero oggi anche essere passibili di denuncia. E poi, purtroppo, succede anche di dover pazientemente, per carità cristiana, accettare sorridendo di essere il bersaglio di chi è schiavo di un sogno di sè che non ha nessuna attinenza con la realtà. E' il sogno di quelle brutte donne che avrebbero voluto nascere belle, o più semplicemente come te, essere umano normale ma corrispondente a canoni vigenti, come te che puoi sempre, ancora, diventare, essere, un sogno,il sogno di qualcuno, mentre loro sono state, sono, e saranno sempre un incubo, per se stesse prima, e per moltissimi altri poi. La schiavitù del non piacere, del non essere desiderati, sognati, amati,la schiavitù del non amore.

venerdì 15 novembre 2013

Mentre tutto scorre

Piove. Finalmente. Mi piace la pioggia, mi acuisce i sensi. Quando piove mi sembra di percepire odori lontani, suoni lontani, e colori di altri mondi lontani chissà quanto, mondi solo immaginati. La pioggia mi porta lontano, mi culla pensieri e parole, mi fa viaggiare all'indietro riportandomi ad una ninnananna che nessuno mi ha cantato mai. Quando piove sento che non mi manca più nulla, che il tempo non esiste, che la paura non esiste, niente in realtà sembra più esistere davvero, se non per un momento, un breve istante in cui ci sono anch io, anche lui, anche tutto il resto e tutti gli altri, mentre tutto scorre insieme all'acqua sotto i marciapiedi. Quante volte ho vissuto ore, giorni, mesi, forse anni, con la sensazione di essere ferma, di essermi fermata, forse di non essere mai nemmeno partita in realtà. Ti sembra di essere fermo mentre gli altri che ami, che conosci, che hai vissuto, non fanno altro che partire, andare lontano, andare a vivere altrove, andare a vivere un amore, una donna, un uomo, un figlio, un luogo, un lavoro, mentre a te resta da vivere solo lo strazio della separazione, del rimanere, di giorni che iniziano e sono già finiti. E anche quando ti sembra di avere fatto tanta strada, di avere vissuto cose che altri non hanno vissuto e a te sembrava che fosse quella la vita, quello il vivere, e anche quando sei partito e tornato mille volte, un giorno apri gli occhi e pensi che forse hanno vissuto davvero quelli che hanno vissuto di meno, sofferto di meno, che sono caduti di meno, che le hanno date e prese di meno. Apri gli occhi e pensi che forse ha vissuto davvero chi è rimasto sempre uguale, chi ha seguito la strada maestra, la strada della vita, chi ha amato sempre le stesse persone, lo stesso uomo, la stessa donna. Mentre tutto scorre mi sembra di non distinguere più dove sia iniziata la mia vita e dove si sia fermata comunque, ad un certo punto. Mi sembra di sentirmi dentro esattamente come mi sentivo venti o trent'anni fa, solo che adesso sono diversa fuori. Mi guardo allo specchio e penso che non posso più permettermelo. Non posso più permettermi di essere fragile, o di avere paura, di scivolare nella debolezza e in debolezze. Non posso più permettermi di essere romantica, di cercare qualsiasi cosa nei posti sbagliati, nelle persone sbagliate. Non posso non affrontare nemmeno una delle cose che ogni giorno mi tocca affrontare. Ci sono cose che nonostante il tuo cuore, i tuoi sogni, o anche la tua non esperienza, devi vivere col corpo che hai, la faccia che hai, gli anni che hai, tutta la vita che hai alle spalle indipendentemente dalle cose di ci cui è fatta o non è fatta quella vita. La mia quando osservo la pioggia da dietro un vetro e tutto scorre come sempre, la ripenso come se non fossi stata io a viverla, come se io in realtà fossi stata sempre qui ferma a questa finestra, immobile. La ripenso senza più rabbia, o rancore, o rimpianto, senza più desiderare cose che so ormai non scritte per me, la ripenso con un mezzo sorriso nonostante quella che può sembrare una sconfitta. Ho giocato un gioco che non ho scelto, un gioco di cui non conoscevo le regole, ho giocato senza la benchè minima consapevolezza del mio buon punteggio iniziale, e anche quando mi è sembrata la mano giusta, finalmente, ho mancato la presa per un soffio, perchè lei, la vita, beffarda, in realtà mi aveva  solo sfiorata, ingannata. E adesso che lo so, adesso che ho capito il suo gioco, adesso che ho capito che la mia vita è stata, sarà solo questo, me ne sto sto qui da sola seduta al mio tavolo vuoto mentre gli altri intorno a me continuano a giocare nel loro, continuano il loro gioco con la vita mentre tutto scorre, mentre tutto scorre via come l'acqua sotto i marciapiedi.

martedì 15 ottobre 2013

# Vivere in difesa.

Ce ne stiamo sedute sul gradino della porta di casa, una accanto all'altra: una donna e una gatta. Guardiamo entrambe davanti a noi, immobili, come immerse in pensieri lontani che non riusciamo ad afferrare. Qui su questa terrazza stiamo ferme sopra un mondo che sembra vivere di vita propria, staccato da tutto il  resto, staccato dalla terra. Qui, siamo sole, solo io e lei, io e la mia Tabata che sembra capire ogni mio stato d'animo, ogni mia parola, spesso anche ogni mia intenzione. Da quando viviamo insieme, ho riscoperto tante cose di me, e altre invece le ho scoperte del tutto. Tabata riempie la mia casa, la nostra casa, senza di lei quei pochi metri quadrati  sembrano enormi, senza di lei questa casa sembra vuota. E dire che è così piccola. Invece, invece Tabata è immensa, con il suo incedere elegante, la sua espressione vissuta, quegli occhi che a volte mi spaventano perchè sembrano sapere tutto del mondo, quel suo sguardo vero mi trafigge come un dolore. Sarebbe stata una gatta diversa se la sua vita fosse stata facile? E io? Sarei una donna diversa io se la mia fosse stata una vita normale? Tutte le volte che si avvicina una delle mie partenze viviamo nella tristezza per giorni, comunichiamo di più, con sguardi, affettuosità e anche con qualche dispetto. Lei mi guarda in silenzio mentre sorridendo rimetto tutto in ordine, sorrido perchè so che a volte per paura riaffiora in lei quel sentimento di diffidenza che la spinge ad agire come se anch'io potessi abbandonarla, strapparla alla sua casa, al suo ambiente, preferirle qualcun altro, fosse un cane, un gatto, un qualunque altro animale o un'altra persona. Tabata non è gelosa della nostra casa, tabata è gelosa di me, ha paura che possa finire quel senso di accudimento, di amore incondizionato, oblativo, che sono riuscita a farle sentire. Ci sono giorni in cui torno a casa e mi accorgo che ha passato tutto il tempo abbracciata a qualcosa di mio, anche quando si comporta come se la mia ritrovata presenza le fosse indifferente. Ho dovuto lottare contro di lei,  contro quel dolore che l'aveva resa dura, fiera, sempre a testa alta, dritta, sempre occhi negli occhi, quasi a sfidarmi,quel dolore che l'aveva resa solitaria, refrattaria al contatto umano, quel dolore che la faceva vivere sempre all'erta, attenta, in difesa, quel dolore che la faceva vivere come vivo io. Ho dovuto pazientemente curare le ferite del tradimento, del distacco, dell'abbandono,e anche quando ho pensato che avrei potuto non farcela, che non mi avrebbe amata mai, ho deciso che bastava il mio di amore, che l'avrei amata e accudita e tenuta con me per sempre, anche suo malgrado. Adesso Tabata sa che parto, ma sa anche, con assoluta certezza, che ritorno, sempre, che torno da lei, che torno alla nostra casa, alla nostra vita insieme. E quando decide di abbandonarsi all'amore, a quell'amore tanto agognato in dispettoso silenzio, tutto quell'amore che non conosceva e che magari nemmeno pensava potesse esistere, lo fa come nel sogno dell'eternità. Lo fa volendo credere per un attimo che possa essere per sempre, che tutto è vero, reale, pulito, lo fa volendo credere che nonostante io abbia una natura diversa dalla sua, quella natura che lei conosceva solo come sciocca, volubile, crudele, io sia diversa davvero. Lo fa volendo credere al suo cuore, al mio cuore, alle mie attenzioni, al mio adattare la vita  alle sue esigenze, ai suoi bisogni, al nostro stare sedute vicine a sospirare ripensando le nostre vite, quasi da donna a donna. Tabata si comporta  in fondo come si comportano le persone danneggiate, che hanno subito un torto dalla vita, sin dall'inizio, così anche lei a volte per riposarsi, riprendere fiato, ha bisogno di abbassare i muri, superare i propri confini, abbassare le difese e abbandonarsi al sogno di una vita, di un destino che può cambiare. Sedute una accanto all'altra sullo stesso gradino oggi in realtà ci stiamo salutando, col cuore pesante perchè i giorni che ci separeranno saranno di più questa volta, perchè ci mancheremo e lei sa che sarò in pensiero per lei e che la sognerò; e mentre mi chiedo se anche lei mi sognerà, se percepisce il silenzio o la musica, sento che mi viene più vicino, che mi accarezza con la testa, mi guarda per un attimo con quei suoi occhi carichi di tutto quello che anch'io vorrei per me, e di tutto quello che anch'io ho per lei, poi, lentamente, si volta e rientra in casa. Io lentamente, amorevolmente, come tutte le volte, la seguo.

mercoledì 9 ottobre 2013

Cinquanta #sfumature di niente...

Inutile illudersi: niente ritorna più. Niente, il tempo, le occasioni perdute, alcuni uomini, alcune persone, il corpo che avevamo, il viso che avevamo, soprattutto non torna quel modo di sentire la vita, le cose, la gente, il mondo, quel modo che avevamo quando eravamo più giovani. Niente ritorna nemmeno l'amore, quel modo che avevamo di intuirlo, di sentire la passione, l'attrazione, il bisogno che avevamo anche di averne bisogno, l'idea di esserne innamorati, di quel desiderio, di quella che sentivamo come una necessità imprescindibile della nostra vita. L'urgenza di vivere che sentivamo anche se a intermittenza a volte, non torna più, e spesso l'unica cosa che ci resta è tutto quell'amore che abbiamo potuto. Proprio ieri  a cena con un vecchio amico, proprio mentre lo ascoltavo, mentre mi ascoltavo, ho capito che i discorsi sul presente si esauriscono presto ormai, ci tengono impegnati per pochi minuti anche se si tratta di un presente che dura da alcuni anni. Le considerazioni sul vissuto, sulle cose e le persone e la realtà si esauriscono in breve tempo e in amare considerazioni che alleggeriamo con l'ironia, i nostri sorrisi stanchi e qualche bicchiere di vino. E' del passato che parliamo per quasi tutto il tempo, del passato in cui abbiamo amato, soffrendo moltissimo anche, ma sempre amando molto, davvero, perdutamente, appassionatamente, dolorosamente. Un passato in cui abbiamo amato con speranza cieca, con determinazione, illusione anche, con una forza che ha messo a tacere tutto il nostro orgoglio, la nostra razionalità, la forza di quella ragione che perde sempre contro le tue viscere in fiamme per quegli occhi che solo lui o lei hanno, per quel sorriso, quelle espressioni, quel modo di muoversi e soprattutto di muoversi con te. Eh si, capita di riderci sopra, di prendersi un pò in giro ripensando a quei momenti di vita in cui correvi a pazza velocità come un treno verso il nulla, in cui ti giocavi la vita per un tutto che era solo tuo, che vedevi solo tu, un tutto in cui il cuore batteva forte per qualcosa, per qualcuno, e questo bastava, era tutto, si, ti batteva forte il cuore e questa era l'univa cosa che sembrava avere importanza. Sembra facile, ma tutto questo non torna più, non è vero che il cuore non invecchia, che tutto rimane lo stesso, che si può provare sempre qualsiasi cosa a qualunque età, tutto diventa diverso da un certo momento in poi ed è un momento che non ti senti arrivare se non dopo molto tempo che è passato. Poi ci provi ad afferrare di nuovo quelle cose, ma è come l'acqua tra le mani, è tutto liquido, tutto sfugge, analizzi ogni cosa cercando di ritrovare ragioni e perchè e giustificazioni e chissà cos'altro, ma alla fine tutto si riduce a poche parole, e  il ricordo di qualcuno ti sembra migliore di qualsiasi altro in carne ed ossa. A volte persino  il sogno di qualcuno ti sembra migliore, ti porta più calore, di qualcuno che nemmeno conosci se non attraverso lo schermo di un pc. Così, mentre parliamo ci ascoltiamo liquidare il passato recente in poche righe di parole dette tra i denti come se quasi  si provasse un sottile dolore a pronunciarle, a dire di quel presente vissuto cercando di ricominciare a condividere, a rivivere, riprovare, rivedere, riorganizzare tutta la vita, perchè la verità è che ormai viviamo tutto all'impronta, come ci avevano insegnato a non fare per diventare adulti. Invece, adesso tutto il tuo mondo fatto di certezze, sicurezze, dubbi , sogni e speranze si scontra con la realtà di profondità e colori e sfumature che non esistono più ormai, e che anche tu devi stare attento a non perdere.Tutto di te si scontra con quello che poi non riesci nemmeno a memorizzare, a decodificare, a ripensare, ai tuoi piedi vedi solo frantumi, pezzi sparsi di materiale senza forma e senza colore: dieci, cento, mille, cinquanta sfumature di niente.

lunedì 7 ottobre 2013

...Dal #tramonto all'alba...

Questa notte ho sognato che non riuscivo a riempire la valigia che stavo preparando in vista del mio prossimo viaggio, viaggio che ormai nella realtà si avvicina inesorabilmente. Avevo fretta ricordo, l'aereo ci aspettava e  non riuscivo ad organizzare le cose che dovevo portare con me, nella mia testa e nello spazio a disposizione. Al risveglio mi è rimasta dentro la sensazione del disordine assoluto, del modo in cui forse sto buttando tutte le cose della mia vita nella mia vita, alla rinfusa. Sarà che mi sono presa una vacanza nell'ultimo periodo, una vacanza dal lavoro, dalla scrittura, dalla pesantezza, dal passato e persino dal presente e adesso, adesso mi tocca rimettere tutto in ordine. E non è facile, ecco perchè cerco di non assentarmi spesso, di restare sempre presente a me stessa, perchè poi il lavoro è doppio, come quando trascuri qualsiasi cosa, la casa, un lavoro, qualcuno. A volte però mi faccio forza  e coraggio e cerco di vivere in maniera più superficiale, più leggera, senza stare lì ad analizzare sempre tutto, sempre me, me rispetto al mondo, me rispetto agli altri, me rispetto al passato, me rispetto al presente, cerco solo di vivere e basta, come viene, come capita, come succede se succede, altrimenti niente. Certo tutto questo è pericoloso perchè capita inevitabilmente di accumulare tanta inutilità, roba che poi non sai dove buttare e quando e come, gente compresa, e sei costretto ad aspettare che passi il camion della vita dei rifiuti speciali affinchè se li porti via tutti d'un colpo. E passa, sempre, senza che tu abbia bisogno di fargli una telefonata. Penso che come me, sia davvero poca quella gente che non si fa progetti su altra gente, tutti sembrano farsi un progetto su di te e sugli altri e agiscono solo in funzione di quello, aspettandosi poi che quel progetto si realizzi, ed è quando non va in porto che il camion passa. Per fortuna le tasse che hai pagato alla vita in passato, fanno si che adesso il servizio sia completamente gratuito. Adesso che siamo adulti, che molta vita è passata, forse ormai più della metà che ci rimane da vivere, sentiamo tutto in maniera diversa, ci sono cose che sentiamo in maniera più forte, cose come le gioie, le fortune, e altre che sentiamo in tono minore, cose come le delusioni o il rammarico, e poi, poi ce ne sono delle altre che non sentiamo affatto. Persino le paure ci fanno meno paura, e il dolore, e anche  l'amore, ma l'amore è un discorso a parte. Per fortuna le vacanze finiscono e ricomincia il lavoro, il risveglio, le partenze, i ritorni, e tutto riprende il suo ordine, il suo giro. Succede così di colpo, come quando ti risvegli da un sogno che sembra banale, anche tranquillo, ma che invece ti riporta alla tua inquietudine, a quell'inquietudine che ti caratterizza in fondo, che ti tiene in vita, che ti tiene come sei, come sei stata, come sarai senza possibilità di fuga se non breve e troppo spesso inutile. Succede così in un giorno, dal tramonto all'alba. Prima che il sole tramonti corri corri e corri, hai sempre tutte quelle cose da fare che ti fanno pensare che il tempo non basta, che non ti fanno pensare se non in maniera pratica, veloce, devi prendere decisioni in pochi minuti, sistemare tutto anche quando vivi sorvolando su tutte le cose, poi... Poi un giorno torni a casa, ti togli le scarpe, abbassi la testa per sfilarti la collana dal collo e la gonna dai fianchi e rialzandola rimani incantata, quasi svestita, davanti al panorama mozzafiato che sta dietro le vetrate della tua casa sul tetto, mentre il sole tramonta e tu non riesci più a ricordare da quanto tempo non te ne accorgevi. Mentre il sole tramonta ricomincia il tuo viaggio, ritrovi le tue valigie, quelle piene e quelle ancora da riempire, e non riesci nemmeno a mangiare mentre arriva la sera e hai troppe cose da buttare via, e poche da custodire. E mentre sorridi, a volte con amarezza, su quelle altre che ancora non avevi capito e su quelle che non capirai mai, e mentre viaggi e pensi e non dormi e rileggi i momenti che hai vissuto e quelli che tra un attimo dimenticherai, mentre ascolti la pioggia e il vento e il piccolo cuore del tuo gatto che conta sul tuo amore, mentre la vita si riaccende: arriva l'alba.

martedì 10 settembre 2013

..Tra le #cose che vanno e quelle che restano...

Tra le cose che vanno la prima in ordine di sentire è l'estate. Sento, respiro che sta scivolando via. A settembre l'aria cambia, di colpo, e te ne accorgi soprattutto al mare, lo senti sulla pelle, ovunque tu sia, anche nelle nostre isole più calde. Non è vero che le vacanze migliori si fanno a settembre, che il mare a settembre è più bello, che l'acqua è più calda e pulita, il mare, le vacanze sono belle in piena estate, quando il caldo è torrido e l'aria brucia tutto, i sensi, il cuore, la pelle, gli occhi, e incendia i miei capelli ogni volta che esco dall'acqua. Settembre è malinconico, è quasi autunno e senti già gli odori di tutto quello che sta andando via per sempre o che se ne è già andato mentre non riesci ancora a fare tue le cose che invece rimarranno, non ancora, non del tutto. Tra le cose che vanno ci sei tu, tu che non mi hai convinta, tu che non hai convinto il mio cuore, che non hai convinto la mia testa, la mia vita, tu che non hai convinto nemmeno la mia gatta. E non è stato il viaggio o Tabata o altro, nonostante i gesti carini, i pensieri carini, il tuo cervello affilato e i tuoi occhi grandi che quando mi guardano si caricano di allegria e di luce, c'è qualcosa in te che luce non è e mai lo sarà, anche se ti illumini quando siamo insieme e non so se te ne accorgi, e non so se lo sai, e io non voglio più parlare delle cose che non sai. Oggi  ho solo bisogno che sia tutto pronto, tutto perfetto, tutto semplice, tutto come non lo è tra noi, così ti lascio scivolare via come l'estate, come l'abbronzatura e l'acqua sotto la doccia.Tra le cose che vanno ci sono i lavori nuovi che ho fatto negli ultimi sei mesi, lavori che hanno rappresentato una libertà diversa, un salto in mondi e realtà diverse come non facevo da molti anni. Se ne vanno volti, parole, sorrisi, risate, cene, notti quasi insonni, baci. Se ne vanno i viaggi in macchina a scivolare sulla strada, sul paesaggio, a cantare e sognare e tenersi per mano senza parlare solo per assorbire tutti i dolori l'una dell'altra, gridarli fuori silenziosamente,voltare pagina, non pensare più, solo andare, andare avanti, perchè non siamo sempre noi a portare e decidere la vita e la fortuna e l'amore e il dolore, sono loro che scelgono noi, la vita sceglie tutto per tutti, anche il morire. Se ne vanno gli ultimi scampoli di alcuni sogni e di quelle convinzioni che pensavi ti tenessero in piedi, mentre resta la consapevolezza, a volte la pesantezza, altre la leggerezza e la curiosità per quello che resisterà, che rimarrà per sempre di tutto questo vivere, di tutto questo vissuto, perchè solo in tempo ce lo dirà. Solo col tempo ci accorgeremo di chi non era  di passaggio, di chi ha davvero qualcosa di tuo dentro di sè e ti rimane accanto nonostante tutto, nonostante te anche a volte, le cose che sbagli, i momenti negativi e di assenza, i momenti in cui ti sembra di avere dentro solo silenzio e buio.Tra le cose che restano ci sono i libri che ho letto, le lacrime di gioia versate per la prima volta, i "ti amo" detti a mia sorella, tutta quella forza di cui non sapevo di essere capace, tutta quella paura provata mentre la guardavo entare in sala operatoria, e quando non ne usciva, e mentre la vegliavo di notte come fosse una bambina, perchè lei è la mia bambina. Rimane quella sensazione di sollievo che provo tutte le volte che vedo la mia gatta rientrare a casa con il suo passo felino, elegante, i suoi occhi meravigliosi ed inconsapoveli, forse, di quanto io stia in pena tutte le volte che lascio che si allontani dal mio sguardo. Restano tutte le cose che ho cambiato, di me e intorno a me e quelle ancora in costruzione.E tra le cose che vanno e quelle restano ci sono anche quelle che ritornano.Ci sono giorni in cui quella forza che non so definire mi spinge ad alzare gli occhi e ad incontare i tuoi, i tuoi ancora così cielo, così mare in cui perdersi solo per un momento,quel momento che mi ricorda che tutto quell'amore è racchiuso ormai solo tra le pagine di quel libro che ho scritto e continuo a scrivere solo per te, per noi e per quel figlio che non è arrivato. Così affichè rimanga  per sempre, costante, fra tutte le cose che tornano e quelle vanno e quelle che restano, mi rimetto al lavoro e continuo a scrivere.

giovedì 29 agosto 2013

Una parte del tutto.

C'è stato un tempo in cui riguardare le vecchie foto di famiglia, quelle vecchie foto che ripercorrono il cammino della nostra vita, nostra e di quelli che abbiamo amato, che amiamo, rappresentava un appuntamento fisso a scadenza annuale. Riaprire quella vecchia scatola, quei vecchi album, significava sorridere di tenerezza, di nostalgia, significava recuperare ricordi perduti. Qualche volta abbiamo aperto quella scatola solo per mostrare la nostra storia a qualcuno diventato a noi caro, per metterlo al corrente di noi, farlo entrare nel nostro presente attraverso la rivelazione del nostro passato nella speranza di un futuro insieme. Riguardare quelle vecchie foto significava anche ridere di vergogna perchè le mode cambiano e con le mode i modi di vestirsi e truccarsi e pettinarsi e non ci si riconosce più o ci si disconosce per scherzo. Ripercorrere ogni volta la nostra vita nelle nostre vecchie foto significava sentirsi una parte di un tutto. Adesso quel tempo è passato anche lui con le mode e i modi di acconciarsi e apparire, è passato anche quel nostro modo di essere, di amare, di sentirsi parte di qualcosa e persino di qualcuno. Adesso quella scatola la si tiene sempre chiusa senza nemmeno guardarla mai, perchè adesso il pensiero, la realtà di quello che siamo diventati o non diventati fa rabbia e tristezza e dolore e delusione e rammarico. Adesso quel tempo ci sembra quasi falso, irreale, ci sembra un tempo in cui non avevamo capito, capito che arriva sempre il momento in cui la vita ci costringe a cambiare per sopravvivere, a guardare dritto negli occhi la realtà, la verità, la vita vera finalmente, per cambiare e ricominiciare. La verità della realtà ci costringe a scappare per non morire, a stare zitti per non uccidere con le parole, con la voce, con lo sguardo, con quella parte di noi che è solo dolore  e quindi rancore e rabbia, e quindi dolore che non sappiamo come spegnere. Se mi riguardo bambina allacciata al collo di mia madre, sorridente, con un vuoto al posto degli incisivi e i capelli corti color carota quasi mi manca il respiro, mi sembra che il cuore si indurisca e diventi pesante e fermo, che la gola si stia per gonfiare, e mi sembra di essere sul punto di piangere come per qualcuno che non c'è più, per quelle persone che ricordo di avere avuto nella mia vita e amato e perduto per sempre anche se sono ancora qui, ancora vive, ancora io, ancora mia madre. Se riguardo il sorriso di quelli che ho amato e penso a come sono andate le loro vite, a dove sono finiti i loro sogni, le loro speranze, se penso alle tempeste che hanno dovuto affrontare, se penso a come sono diventati adesso, non posso fare a meno di chiedermi se avrei potuto fare qualcosa anch'io, se non sono responsabile anch'io delle infelicità, e delle problematiche, delle cose che dentro di noi si sono rotte. Non riesco a non chiedermi  dove siano finite quelle persone che amavo più di me stessa, che amo, me lo chiedo perchè non esistono più, come non esisto più nemmeno io, quella me che ero fino a così poco tempo fa. E allora penso che forse non ci conoscevamo ancora, fra padri e figli, fra madri e figlie, fra sorelle e fratelli, fra cugini e consanguinei tutti, forse non ci conoscevamo o non ci amavamo nemmeno allora,  ci sentivamo solamente parte di un tutto che in realtà forse non è mai esistito. Adesso siamo soli, ognuno con se stesso, ognuno con il suo mal di vivere, le sue delusioni quotidiane sempre le stesse e che sempre allo stesso modo feriscono, confermano che quel dolore è reale, è vero. Adesso lo sappiamo e non possiamo fare nulla per  quell'amore che rimane, nulla per alleviare quel senso di smarrimento che il non amore da a chi amiamo e vorremmo salvare, salvare dalla verità, dall'inevitabile, da tutto quell' amore sbagliato che anche noi abbiamo troppo spesso deluso e qualche volta tradito. E adesso sappiamo che non possiamo fare nulla nemmeno per tutto il nostro che è stato offeso, umiliato, costretto a fuggire lontano. Oggi noi che eravamo una parte del tutto siamo diventati quel tutto, e quello ch era il tutto è diventato solo una parte di noi, quella parte che rimane  lì solo per costringerci a crescere ancora, a superarla, ad affrontare la vita in una maniera nuova, senza fili e legami pesanti, senza illusioni e senza rete di protezione. Ci costringe, ci spinge nostro malgrado a tornare indietro solo per prendere la rincorsa e sferrare un salto che è come un colpo, un salto dove conta solo quello che siamo, la forza che abbiamo e che nemmeno immaginavamo di avere, finalmente noi, finalmente leggeri, finalmente anche in alto, anche nel vuoto, anche senza ali, ma finalmente noi senza rete, si, senza rete, liberi, il resto poi si vedrà.

martedì 13 agosto 2013

..perdutamente prima, dolorosamente poi..

All'improvviso senza una precisa ragione ecco che ricomincio a vivere con quello che sembra un cavallo al galoppo dentro al petto. Mi alzo la mattina e puntuale sembra svegliarsi con me, cammino per strada,vado al lavoro, ritorno torno a casa, cucino, mi affaccendo, e il cuore nel petto batte forte,  pulsa nelle tempie. Cerco di ignorarlo ma lui batte inesorabilmente in una maniera che sembra irregolare, sento che batte come fosse impazzito, galoppa furiosamente sempre alla stessa velocità, senza tregua. Controllo le pulsazioni e in fondo sono regolari, non è il muscolo cardiaco quindi, non è la tiroide, non è il caldo, sto bene, eppure il cuore bussa forte dentro di me come se volesse uscire, sfondarmi la cassa toracica e darmi un pugno. Batte forte, me lo sento dentro come se fosse qualcosa di estraneo a me, un intruso che vuole uccidermi, che prima o poi esploderà. E intanto io sorrido, rido, festeggio gli amici, la vita, lavoro, viaggio, guido, tutto mentre lui continua a tormentarmi. Penso che potrei prendere qualcosa per l'ansia, oppure fermarmi a respirare come mi ha insegnato il fisioterapista, penso che devo fare qualcosa, ma cosa? Dimenticare il passato va bene, e ci provo, fermare il futuro se solo fosse possibile, e penso che si forse è paura, mi dico, paura e basta, razionale, irrazionale, ma solo paura. E' paura di quello che vivo nel presente, di come lo vivo e anche di come non riesco a viverlo. Forse è paura di come sono diventata, di quello che ho perso di me per strada, che ho lasciato a qualcuno, forse a molti, che ho lasciato nelle case, nei corpi, nei cuori degli altri, nelle loro vite, nei loro pensieri, nei loro ricordi. Cosa rimane di noi dentro quella che crediamo esperienza, dentro quelle che chiamiamo dinamiche ormai conosciute, dentro quelle che chiamiamo altre vite, altre storie? Ci sentiamo spesso nuovi, più pesanti, vissuti, sentiamo che abbiamo imparato la vita, ma cosa ci ha tolto tutto questo in realtà? Diciamo che siamo soli e stiamo bene, non abbiamo legami, impegni e stiamo bene, diciamo di avere conquistato un certo tipo di libertà e stiamo bene! Ma che significa in realtà? In cosa stiamo bene? Dentro delusioni e amarezze? Dentro ricordi meravigliosi che non ci appagano più, o dolorosi che nemmeno ci inumidiscono gli occhi tanto siamo diventati duri, arrabbiati, forti? E allora mentre il cuore batte forte e mi tormenta penso che vorrei spaccare tutto, e maledico tutto, gli errori e le cose giuste, le persone che avrei potuto evitarmi, uomini, donne, amiche, amici, parenti, gente e gente  e poi ancora gente tanto troppo abissalmente diversa da me. E oggi? Oggi cosa faccio? Corro corro indietro a cercarmi, ecco perchè il cuore pulsa, batte forte dentro al petto, e nelle tempie, negli occhi, perchè sono sotto sforzo, perchè corro corro veloce per andare a riafferrarmi per la schiena, girami e riabbracciarmi, per riportarmi finalmente casa. Corro,vado a riprendermi per tenermi stretta perchè il cuore vuole così, perchè il cuore è la mia casa e mi prende a pugni lo sterno per ricordarmi chi ero, chi sono, per ricordarmi che la tachicardia è solo nostalgia, nostalgia di quando sapevo solo amare, amare e basta, appassionatamente prima, perdutamente poi, dolorosamente durante, teneramente alla fine.

venerdì 26 luglio 2013

Un attimo per sempre

Spesso di tutta una storia ricordiamo solo un attimo o una serie limitata di attimi, serie poi che diventa corposa, infinita quasi, quando ripercorriamo la storia della nostra vita. Ma attimi, solo e sempre attimi. Un momento di qualunque tipo esso sia, buono o cattivo, meraviglioso o tremendo, non lo viviamo mai solo una volta, solo in quell'istante e basta, lo viviamo e riviviamo infinite volte, e ogni volta che lo facciamo, ripensandoci aggiungiamo o togliamo qualcosa, rivediamo un particolare che ci era sfuggito, aggiungiamo un significato, qualcosa che non avevamo capito all'istante o addirittura qualcosa che avremmo voluto fosse o non fosse successa. Ogni attimo è per sempre e mi chiedo quale sequenza di attimi potrebbe passare davanti ai miei occhi, nella mia mente, sotto dettatura e dittatura del cuore, nell'ultimo istante della mia vita se, come da letteratura, fosse vero che questo accade. A volte poi capita che sia il sogno a ricordarci un attimo vissuto che ci era sfuggito, allo stesso modo penso che dentro di noi ce ne siano che non abbiamo memorizzato consciamente, o che abbiamo rimosso, e un giorno chissà la vita alla fine potrebbe mostrarceli rivelandoci qualcosa. Viviamo di attimi che dilatiamo all'infinito, spesso all'inverosimile fino quasi a strapparne la trama del tessuto. Viviamo di quegli attimi che analizziamo inutilmente, di quelli che ci facciamo bastare per vivere in solitudine, e di quegli altri che sognamo per compensare ciò che ci manca. E poi, poi più di tutti, viviamo di quei pochissimi che vorremmo vivere e rivivere all'infinito. All'infinito un attimo per sempre.

lunedì 22 luglio 2013

Il prossimo mio #errore

Sono pronta a sbagliare di nuovo, a sbagliare si, perchè è solo quando sbaglio che vivo davvero, che vivo di più, che semplicemente vivo e basta. Restando ferma mi perdo il tempo, la vita delle mie amiche del cuore, mi perdo gli uomini, mi perdo l'occasione di ascoltarmi anche, guardarmi in mezzo al mondo. Adesso ricomincio, mi riprendo per mano e riparto senza più pensare a cosa ho portato fino ad ora nella vita della gente che ho incontrato, nella vita di chi ho amato, di chi amo, perchè è lo stesso di quello che loro hanno portato nella mia, e forse spesso, anche molto molto di più. E si ho portato a volte gioia altre tanto dolore come da copione nella vita, ho portato delusione e rammarico, magari anche momenti di odio e voglia di andar via, ma anche passione e sogni e bellezza e tanto tanto amore e amare. Adesso ricomincio a camminare, il tempo passa veloce e io non ho nessuna fretta, non sono mai stata una donna più libera di adesso, libera nella mente, libera nel cuore, libera. Non posso continuare a vivere per sempre solo la somma di quello che mi è rimasto, non posso e non voglio continuare a nascondermi, anche saggiamente a volte, dentro tutti gli errori e le rinunce e le opportunità e le persone che ho perduto e che hanno perduto me, e dietro le cose buone e quelle giuste. Non voglio e non posso continuare a vivere come se un oltre non esistesse più, come se tutto fosse già visto e vissuto e amato e finito. Adesso, adesso so che nella mia vita ci sarà un altro uomo e un altro errore magari, o altri uomini e altri errori, e altre cose che non capirò o capirò troppo tardi, e ci saranno altre amici giusti e sbagliati, altri compagni di viaggo e viaggi e serate e nottate e... Ci saranno altre case da arredare e farmi somigliare, altri letti da disfare e rifare, altri quadri da dipingere, altri lavori, e ci saranno altre cose di cui prendermi cura, altri gatti e cani e canarini e piante e solo Dio sa cos'altro nel bene e anche nel male che puntuale arriverà. Ci saranno altre battaglie e guerre e altre sconfitte e altre vittorie e tanto tanto tanto altro amore dentro il quale sentirsi al sicuro anche solo per un attimo. E ci sarai tu che ancora nemmeno lo sai.

venerdì 19 luglio 2013

Ancora tu....

Ed ecco che per caso ci ritroviamo faccia a faccia, occhi negli occhi, il corpo mio davanti al corpo tuo , vicinissimo. Il tempo si ferma come al solito, come una volta, tutto quello che c'è intorno sparisce, come al solito, come una volta. Non esiste più la gente, nemmeno quella pericolosa per noi, non esiste più niente e nessuno, solo io e te, come al solito, come sempre, come una volta, come mai finirà. Non so per quanto tempo restiamo così a fissarci, scrutarci dentro gli occhi, e non so se in quella profondità stiamo riguardando momenti della nostra vita insieme o se cerchiamo di guardare in tutta quella  nostra vita senza di noi. È così diversa la nostra vita non insieme, è ancora così terribile la presa di coscienza che nella mia vita non ci sei più, nella mia vita ma non nella mia mente, nei pensieri, nei ricordi, sei l'unità di misura della felicità, quella felicità che non ho più sentito nemmeno per un momento senza di te. Abiti ancora il mio cuore, e tutto di me te lo comunica come al solito, come una volta. Tutto di te mi fa dolore, la tua bellezza, il tuo odore, tutto quello che i tuoi occhi senza parlare mi comunicano, tutto quello che c'è dentro la tua voce quando mi saluti. Quando ti sento pronunciare piano il mio nome, come in un sussurro, mi sento vacillare, come se stessi perdendo l'equilibrio. Pronunciavi il mio nome per intero solo quando dovevi gridarlo, o quando parlavamo di cose normali e questo mi provocava sempre uno scossone dentro, mi faceva pensare che fossimo ormai una vecchia coppia, che la confidenza fra noi fosse grande, mi piaceva di più il nome ascoltato dalle tue labbra turgide, carnose, calde, sempre disposte al bacio, fatte per baciare, per baciarmi. Mentre non sappiamo andare via, non sappiamo come muoverci, mentre io vado a destra e tu pure, e poi a sinistra e tu pure,  restiamo sempre uno davanti all'altro, sorridendo, mentre in silenzio da dentro di me ti grido di darmi una ragione, una ragione ancora, adesso, di tutto questo non viversi se ancora tutto questo viversi dentro è vivo tra di noi. Tensione, elettricità, desiderio, voglia di abbracciarsi e saltarsi addosso e chiudersi in un ufficio vicino, voglia di noi, nostalgia. Noi due, itaca perenne l'uno dell'altro di tutte le vite che aspirano ad un solo ritorno. Sei ancora tu, sono ancora io e mi chiedo come fai tu, quale sia il tuo metodo, come riesci a vivere senza di me, senza di me esploratrice sempre sorpresa di un isola che conoscevo palmo a palmo, te, fuori e dentro fino al centro. Tutta la mia terra che sei non si sente sola, abbandonata dal mio cuore, dalle mie mani, dalle mie labbra, da questi miei occhi che la divoravano ogni volta anche da lontano come si divorano solo le cose che si desiderano più qualsiasi altra? E ogni volta, ogni volta, ogni volta. So che non vuoi sapere come vivo senza di te, so che fa troppo dolore, so che preferiamo restare lì fermi su quella spiaggia, davanti a quel mare dove ci amavamo con gli occhi aperti per non perdere nulla di noi. L'unico mare dove ho nuotato respirando sei stato tu, l'unico, come prima di nascere, dentro mia madre, tu ricordo e memoria forse di tutta quella pace. Io so come vivo senza di te, convivendo con un dolore che quando riaffiora mi piega, mi spezza, mi fa rimanere sdraiata per giorni, seduta per ore, con gli occhi vuoti, fatti a pezzi, per mesi. Lo so come vivo senza di te da troppi anni ormai, anzi a volte non lo so, mi perdo, e a chi mi dice che devo dimenticare, che non è niente, che non era niente, che non è stato niente, rispondo che tutto il niente che ho avuto con te è stato più di qualsiasi tutto io abbia mai avuto con chiunque altro.

giovedì 11 luglio 2013

Amici mai.

L'estraneità è parte integrante dell'amore molto di più dell'odio. Si diventa o dovremmo dire ridiventa estranei sempre dopo essersi molto amati,dopo che le storie sono state consumate, dopo avere vissuto insieme,essersi sposati anche, spesso persino dopo aver avuto dei figli. Estranei sempre, estranei di nuovo, come se tutto non fosse successo, o forse, lo si ridiventa proprio perchè tutto è successo. Ad un certo punto della nostra vita tra milioni di persone, persone che non hanno il nostro sangue e per le quali quindi non dovremmo avere nessun tipo di richiamo ne di amore, ad un certo punto fra tante ne scegliamo una a noi totalmente estranea e le affidiamo la nostra vita, il nostro corpo, la nostra intimità. Condividiamo la nostra casa, il nostro letto, il nostro bagno, i nostri umori, la nostra vita,e poi ricordi, passioni, dolori, figli, tutto, tutto con un estraneo verso il quale ci sentiamo attratte come se fosse inevitabile. Anche quando non è la la regina delle passioni a legarci o l'amore folle della nostra vita spesso lo scegliamo lo stesso, per camminare insieme, generare altra vita fino a quando... fino a quando tutto finisce, perchè anche la fine dell'amore è qualcosa che fa parte dell'amore più dell'odio. Spesso è l'unica cosa veramente reale di una storia ed è per questo che è difficile accettarla . Difficile per noi essere umani accettare l'idea della fine, della fine della vita e della fine dell'amore. E non saprei davvero dire a cosa ci si rassegni di più o prima. Per le storie d'amore non consumate è diverso, credo che la passione non si spenga mai e che quell'amore in fondo non finisca, ne si trasformi, lo si accantona solamente, e quando capita di risentirsi, incontrarsi, sono le stesse cose quelle che sentiamo dentro, forse con meno intensità anche se un brivido ci ricorda sempre momenti vissuti insieme, momenti che forse ci metteresti un passo a rivivere perchè ricordi solo il bene, e il desiderio, perchè qualcosa è rimasto incompiuto e forse perchè in realtà era solo innamoramento, folle, ma innamoramento. Perdonare il male in quello che invece è amore può diventare difficile o impossibile ed è per questo che ad un certo punto finisce.Finisce e non ci perdona la resa. Finisce e non ci si perdona la sconfitta, il fallimento, finisce e non ci saluta nemmeno più, ci si incontra e ci si affretta a cambiar strada o si sta bene attenti a non incrociare gli occhi dell'altro, magari ci si spia da lontano per vedere se ci sono ancora tracce di noi addosso a noi. Ci si evita, o se proprio succede di non poterlo fare l'imbarazzo raggela l'aria. E poi, poi non facciamo altro che ripensare a quel momento per giorni, non facciamo altro che chiederci in quale posto siamo finiti noi che ci amavamo come fosse la prima volta che ci succedeva. Noi che avevamo corpi che non avevano segreti, noi che il solo pensiero di perderci ci destabilizzava, ci faceva sentire persi e dispersi, noi che avevamo i nostri nomignoli stupidi,che ci guardavamo con occhi di luce. Proprio noi si che non volevamo essere come gli altri, noi che non volevamo finisse mai, siamo finiti anche noi.

mercoledì 10 luglio 2013

#Cuore nero.

Da qualche tempo la sera rientrando a casa comincio ad aspettare che quel resta della luce del giorno muoia. E' una luce che amo anche se ha i colori della fine,o di tutto quello che è cambiato e mai  più tornerà come prima, e anche la fine di un giorno può essere la fine di tutto. Per sempre.Vago un pò per la mia piccola casa, mi spoglio, spupazzo la mia gatta e poi mi guardo intorno come per imprimere nella memoria tutto sotto quella luce. Osservo tutto ogni giorno al calar della sera come se fosse l'ultima volta che lo faccio, che vedo quel luogo, quella mia casa, quella mia gatta, i tetti della mia città.  Poi mi siedo sul divano come per riprendere respiro, fiato, e distanza dalla giornata, da tutto. E aspetto, aspetto che arrivi il buio stellato per accendere subito la luce, in fretta, come se quel buio scottasse. Accendo tutte le luci, non quelle d'atmosfera come facevo di solito, come facevo anche quando vivevo con un'amica anni fa, sorridendo ogni volta per le sue proteste, illumino  tutto mentre mi chiedo da dove venga all'improvviso tutto questo bisogno di luce. E così mi ritrovo a ricordare di quando bambina avevo paura, terrore quasi del buio, come fosse un liquido nero e vischioso ma allo stesso tempo impalpabile. Avevo paura che mi contagiasse, che mi invadesse, che svegliandomi mi sarei scoperta cieca, persa in quel buio per sempre. Non mi addormentavo se non vedevo una luce, quella del portone che filtrava attraverso la finestra della porta o quella di piccole lampadine attaccate alle spine della corrente quando dormivo da mia cugina. Avevo paura e me ne vergognavo, inventavo scuse per non stare fuori casa, per non dormire lontana dai miei genitori, lontana da mia madre, anche se non lo dicevo nemmeno a lei, avevo già imparato ad amare in silenzio. Non saprei dire quando quella paura sia svanita, se davvero poi lo è, ma so che da quando vivo qui mi addormento con una luce rossa, piccola, a forma di cuore, accesa sul mio comodino di fortuna, e che mi immergo nella luce quando cucino o mangio, mentre sorseggio il mio vino sul divano o guardo la tv. Luce forte, vivida, di quelle senza ombra. Sarà che anche di giorno mi sembra di avvertire solo buio intorno a me, buio nel cuore della gente, buio nel mio cuore, nel cuore di uomini che ho amato, di persone che amo. Ascolto il buio delle loro menti, dei loro pensieri, delle loro vite, anche quando li guardo e li ascolto ridere mi sembra di sentire buio e dolore dentro di loro, perchè ormai siamo fatti solo del passato. Vedo buio se mi guardo indietro, un buio che avrebbe potuto inghiottirmi e che ho combattuto, stracciato, come si fa con un foglio di carta, un buio che mi ero illusa di aver vinto anche e invece, invece a momenti ci annego di nuovo dentro, e ovunque mi giri o anche solo quando mi impongo di  guardare avanti, di guardare al futuro, eccolo lì, lo rivedo. il buio.E immerso in quell'oscurità a tratti scorgo tutto quel destino che non si è avverato.

giovedì 4 luglio 2013

L'importanza di chiamarsi...

Prima di amare lui e il suo nome non ti eri mai accorta di quanti altri uomini o ragazzi o bambini e persino neonati si chiamassero allo stesso modo. Non esiste giorno infatti in cui il suono del suo nome non ti faccia trasalire o ti colpisca come un dolore, una freccia, una pallottola al cuore. Poi ti capita pure di sentire al telegiornale che insieme ad altri come per esempio: Marco e Francesco, il suo è il nome più comune d'Italia. E tu che pensavi che fosse raro, come lui! E tu che pensavi che solo lui si chiamasse così. Ma la cosa più inquietante è che guardi ogni uomo che porta il suo nome come se anche lui potesse essere un potenziale grande amore, lo osservi per trovare somiglianze, umane, caratteriali, fisiche, psicologiche.Tutto per pronunciare di nuovo quel nome tutti i giorni, col cuore e il pensiero, tutto pur di sentirselo risuonare fra le labbra, tutto per rivedere di nuovo quel nome sul display del telefono ogni volta che squilla o arriva un messaggio, tutto pur di  scriverlo di nuovo come fosse nostro. E se qualcuno è anche bello, certo in maniera diversa, nessuno potrà mai  essere bello come lui, pensi che si, sicuramente anche il nome ha le sue responsabilità in questo, come dire appunto: il destino nel nome. Capita quindi che per noi e la nostra vita rispetto ad altri, sia importante qualcosa che nemmeno scegliamo noi. Sarà un caso infatti che come per reazione a catena ad un certo punto cominci a collezionare fidanzati tutti con lo stesso nome? Sarà un caso se un mio ex fidanzato aveva avuto e ha donne che portano tutte il mio stesso nome? L'importanza di chiamarsi Ernesto, Riccardo, Francesco, Marco o Cristina, Elisabetta, Annamaria, non è quindi cosa da poco. L'importante per me è chiamarsi Alessandro.

mercoledì 3 luglio 2013

#Amami... senza domani senza farsi del #male.

Siamo noi che lo abbiamo insegnato a loro adulti del futuro o loro che lo hanno insegnato a noi?
Noi, chi siamo noi se non adulti in un presente dove siamo ancora ragazzi senza esserlo più già da un pezzo, noi ancora o di nuovo soli, noi che non sappiamo da dove viene questa immaturità affettiva che non riusciamo a superare qualunque sia stato il nostro percorso, qualunque siano state le nostre esperienze, nonostante gli incontri e gli scontri e i colpi incassati e sferrati. Siamo stati costretti a "ricalcolarci" come i nostri navigatori, ad imparare a vivere tutto senza pensare a domani, a prenderci l'oggi, nel lavoro, nella vita, nell'amore, nel sesso. L'oggi perchè abbiamo paura, paura che domani non ci sarà, nella vita, paura che domani possa succedere di non desiderarci più, nel sesso, di guardarci e non riconoscerci più, nell'amore, di sentire che tutto è fallito, finito, nel lavoro. Paura oggi più di ieri perchè i  nostri coetanei muoiono ogni giorno, perchè viviamo in un mondo infetto e infettato di tutto, ma questo si dice sottovoce o non si dice. Le nuove generazioni sanno tutto prima di noi soprattutto sui rapporti, hanno bruciato tutte le tappe, sanno già che prima o poi tutti gli amori finiscono, sanno già che prima o poi ci si farà irrimediabilmente male. Non hanno i nostri sogni, le nostre illusioni ma non hanno nemmeno le nostre passioni se non per un momento, un attimo, un istante in cui sembrano più vivi di quanto noi siamo mai stati. E' così che sei tu, tu che hai solo 25 anni e sembri un uomo navigato, tu che hai occhi profondi come pozzi, che sei bello come Keanu Revees quando aveva la tua età, tu che senza che io possa farci nulla mi tieni ferma e metti la tua bocca dentro la mia. Tu che sai cosa fare per accendere il desiderio che ti porterà ciò che vuoi, tu che sai come prenderti tutto e si sente, tu che hai meno anni di mio fratello, tu che all'improvviso irrazionalemte diventi una tentazione, un pensiero, un desiderio che mi lascia sgomenta, sgomenta e immobile. Resto ferma sulla soglia del tempo perchè sono passati 15 anni da quando non ho un ragazzo di 25 e non so davvero come tornare indietro, sono come abbagliata davanti ad uno Stargate e non so come dirtelo perchè non riesco a sottrarmi alla tua malia. E anche se non vivo più nel paradiso terrestre ti vedo come una splendida mela che non tocca a me mordere perchè mi sembrerebbe di rubare qualcosa dal tuo presente e dal tuo futuro, qualcosa che non è giusto mi appartenga ancora, qualcosa che appartiene ad altre ormai. Ma quando mi allontano e tu sorridi, quando ti volti indietro a guardarmi con quegli occhi carichi di mondo e di vita, mi sento improvvisamente piena di sole e calore e sangue e cielo e acqua di mare e penso che si, hai ragione tu, su tutto. Hai ragione anche su quello che non dici e vorrei cantarti anch'io l'inno della vostra giovinezza, cantartelo da dentro quel dolore della perdita che come noi vivete anche voi, gridarti va bene: amami senza domani, come la terra la pioggia d'estate, amami senza domani senza farsi del male, amami adesso poi domani chissà....

martedì 2 luglio 2013

Domani torno a #casa.

Domani torno a casa, adesso è tardi e siamo stanche. Io e la mia compagna di viaggio non abbiamo la forza di metterci in cammino, guidare per affrontare la strada, la notte e i fantasmi portati dalle canzoni  che ascoltiamo e riascoltiamo. La mia Tabata intanto, a casa nostra, tiene il conto dei giorni in una maniera che noi umani non sapremo mai di loro, sa così, che domani tornerò e starà già preparando la sua controffensiva. Le manco, e dopo le prime effusioni e i saluti amorosi me la farà pagare, lo so, lei è fatta così. E' giusta per me del resto, fa parte di un gioco del destino, quello che mi fa pagare sempre tutto, le cose buone buone e le cattive, le vittorie e le sconfitte. La notte poi si sa tutto sembra più vero, anche quello che vero non è, tutto torna reale, meglio dormire, lasciarsi vincere dalla stanchezza e provare a riposare i pensieri. Tornare a casa è il desiderio di un attimo mentre stai vivendo qualcosa, mentre stai lavorando, o cantando, o guidando, perchè tornare a delle braccia amate e conosciute significa anche quello, ritornare finalmente a casa. Ci sono minestre, piatti, che cuciniamo di giorno perchè la sera riscaldati ci piacciono di più, hanno un sapore diverso forse, ma più intenso, più intriso di tutto quello di cui sono fatti, hanno un sapore più vero. Allo stesso modo preferiamo braccia conosciute e amate a braccia nuove che di noi non sanno niente e niente troppo spesso vogliono sapere. Il solo ricordo spesso ci conforta, ci anima, ci fa tornare a sperare, sentire la vita quando siamo soli. E vorremmo poter dire anche solo per un giorno, anche solo per un sogno, anche solo per un'ora e mai più, un minuto e mai più, un momento e mai più, si, domani torno a casa.

lunedì 24 giugno 2013

Il #sesso inutile

Quando in una maniera o nell'altra hai deluso tutti quelli che ti amavano, per mille ragioni diverse, così come per altre mille tutti quelli che tu amavi  hanno deluso te, è difficile ricominciare dagli altri, ricominciare dal cuore, ripartire da un amore che non includa solo te. Nel mio caso solo me e la mia gatta bizzarra. Quando scopri con dolorosa sorpresa che anche quelli che avrebbero dovuto amarti incondizionatamente, amarti e basta, solo perchè c'è un tipo di amore che è oblativo, che è sangue, non sono capaci dello stesso amore di cui sei stato capace tu, di cui forse ancora sei capace tu, quando scopri che non sono come te, che hanno un cuore diverso, un pensiero affettivo diverso, è quasi impossibile vivere per qualcuno che non sia tu, affidare la tua vita a qualcun altro che non sei tu, fidarsi di qualcuno o persino di te stesso a volte. Ad un certo punto senti che davvero, quando è troppo tardi, è troppo tardi per tutto. Ti capita di vedere al cinema o in tv storie improntate su sentimenti che alla fine si concretizzano, di assistere ad odissee amorose con o senza lieto fine e di pensare che davvero non fa più per te, no davvero, che tutto quello che c'è dentro ai sentimenti, a una storia, non lo vuoi più, pensi che non ti possa più appartenere. Non ti ci vedi più come protagonista, non ti ci vedi più e basta, nemmeno come comprimaria, pensi che è solo troppo rumore per nulla, e la cosa più sconvolgente è che non ti dispiace neanche. Non trovi più nessun senso nell'affannosa ricerca comune dell'altra metà della mela, ti senti un intero talmente perfetto che ti chiedi persino come hai potuto farti coinvolgere in un gioco che non avresti mai potuto vincere, un gioco senza regole. Certo ogni tanto l'effetto catartico è benefico, io per esempio che non sono di lacrima facile, piango sempre davanti ai films, alle storie struggenti, agli impossibili amori non vissuti e spesso non consumati, e mi sembra in quel momento di piangere finalmente per tutto, per quello che ho perduto, per tutto quello che non ho dato o avuto, per le scelte sbagliate che mi hanno portato tanto dolore e tanto male, un male che nessuno merita, ma oggi si sa i devastati, gli stupidi senza rimedio, sono troppi e troppo spesso sono ben mascherati, o forse è solo che quando le cose non ti appartengono non pensi che possano esistere, che possa esistere tanta meschinità e scarsezza d'animo e di intelligenza di vita. Ci sono di quei giorni però in cui ti si accende una speranza, magari è solo un odore che ti porta un ricordo di quando il cuore era vivo in maniera diversa, e allora pensi che forse il blocco del cuore è come il blocco dello scrittore, pensi che prima o poi passerà, ricordi con fiducia che di colpo e senza preavviso senti di nuovo l'impulso irrefrenabile di scrivere, un'idea, una frase e tutto ricomincia a fluire. Appunto un'idea, un'emozione, una frase, un ricordo, ma per il blocco del cuore ci vuole qualcuno, qualcuno che riaccenda il tuo fuoco, qualcuno che potresti non incontrare mai, o mai più. "Incontrarsi" dopo i 35 o i 40 anni è davvero difficile, sentire il bisogno di stare insieme, di restare con qualcuno. Innamorarsi. Ci si incontra quando già si crede di avere perduto chi si amava, chi si sarebbe voluto accanto fino alla fine della vita, e magari, è anche così. Ci si incontra quando si hanno troppe storie alle spalle, troppi fallimenti, troppe cose che non siamo riusciti a fare funzionare, troppa fatica, troppo dolore, troppe vite spezzate e andate in fumo. Ci si incontra anche dopo che tanto del bello è stato vissuto: le scoperte, le prime cose insieme, magari la prima convivenza, spesso l'emozione di un figlio, i viaggi, il sesso favoloso, tutto insomma. Ci incontriamo e siamo bagagli stracolmi che non riusciamo o non possiamo alleggerire neanche volendo. Come facciamo a svuotarci e a riempirci di cose che dovremmo sentire come nuove? La verità è che non ci crediamo più, che di "nuovo" o di meravigliosamente vecchio, non riusciamo a vedere e a sentire più niente. Quando sei all'inizio di questo percorso per un pò vivi il sesso inutile, quello del "ci rivediamo quando ne abbiamo voglia", quello del "mi piace solo a letto ma nella vita non lo vorrei mai". Peggio, ci capita di vivere il sesso inutile della terapia delle macerie, quello del ci vediamo in giro se capita, quello che il giorno dopo non ti ricordi neanche o se te lo ricordi è come se fosse successo a qualcun altro. Quello da dimenticare anche quando è stato buono, anche quando lui è un amico del cuore. Quello che non ti lascia che un vuoto, quello del tutti che vanno a letto con tutti, del tutti che tradiscono tutti, quello di te che tradisci te stesso e non te ne accorgi, la tua vita e non lo sai, il tuo stesso corpo e non lo senti. Poi, non ti serve più neanche quello, non ci pensi più, vivi di quei ricordi in cui il sesso era quello in cui non capivi dove finiva il tuo corpo e iniziava il suo, la tua pelle o la sua , la tua carne o la sua, il tuo odore o il suo, quello dove lo amavi, dove ti amava, dove la passione ti faceva dimenticare le incomprensioni, le differenze a volte, le vite parallele, le dimenticanze. Il sesso a cui pensavi mentre eravate seduti al bar a parlare, e mentre si rideva per altro, tu sorridevi al pensiero e al desiderio, e bastava uno sguardo per capire quando si stava pensando la stessa cosa, anche se lui non era tuo, anche se lui tuo lo è stato solo per un momento, anche se lui non è mai stato mai mio, mai più. Chi è nato per me adesso sarà da un' altra parte, non ci siamo mai incontrati, chissà forse ci siamo solo sfiorati in un momento in cui abbiamo sentito un sussulto dentro, e magari adesso anche lui mi pensa come l'ho sempre pensato io, magari,forse nemmeno ci  incontreremo mai. Chi è mio avrà già sposato un'altra donna ormai, avrà figli che non sono i nostri, la sera si addormenterà abbracciato a lei o con un dito dentro la mano di un neonato, o con un bambino dentro al letto, o magari i suoi figli saranno già adolescenti, se si è arreso già da tempo e ha smesso prima di cercarmi, perchè lo so, ormai non mi cerca più. Nemmeno io lo cerco più, ho smesso e sono sola, non sono incline al compromesso e non so ridimensionare l'amore. Ognuno percorre inconsapevolmente il suo destino scritto da qualcun altro, e nel mio oggi capisco non c'era il mio uomo, un compagno per me, non c'erano i miei figli, non c'erano i mei libri forse, non c'era  niente di quello che avrei voluto, pensato per me, o forse di quello che ricordavo di un'altra vita. Non c'era nulla a parte questa libertà che mi viene dalla crescita, dall'età, dalle battaglie combattute pensando sempre che dopo sarebbe venuta la pace e con la pace sarebbe cominciata  la vita. Non combatto più, non aspetto più che inizi nulla nè che finisca, cammino con lo stesso passo della mia gatta che prima di me aveva capito, che prima di me si è costruita quella durezza che la protegge dal mondo, che prima di me ha imparato che vale la pena solo di vivere per la vita stessa, senza amare mai troppo nessuno,se mai davvero fosse possibile;e infatti, forse, in fondo, in realta, lei, non ama nemmeno me.

giovedì 13 giugno 2013

Quel che resta del #giorno.

Ci sono mattine in cui mi sveglio e penso già che vorrei che fosse di nuovo sera. Il momento del giorno che amo di più è quello infatti in cui passata una giornata di lavoro, o di lavoro e cinema o di lavoro e cene fuori o feste o altro ancora, rientrando a casa mi chiudo la porta e il mondo alle spalle. Ritrovo le mie luci calde, mi sfilo le scarpe e assaporo il legno, e poi i tappeti, il tutto con la parte più estrema del mio corpo. Il mio cuore poi si gonfia e si scioglie di tenerezza alla vista della mia gatta che mi viene incontro con la coda alzata in segno di saluto, mi aspetta e mi segue, la prendo sempre tra le braccia anche solo per un istante, la stringo forte a me, è il mio modo di salutarla e lei me lo lascia fare. Ma ci sono di quelle sere, di quelle notti, in cui non riesco a dimenticare il giorno, le mattine, i pomeriggi, le sere, le cene, le feste, il lavoro, le persone incontrate e vissute, anche quelle solo di passaggio. Ripenso a momenti in cui avrei potuto dire qualcosa e non l'ho detta, in cui avrei potuto agire diversamente e non l'ho fatto, penso a quello che ho sbagliato e spesso arrossisco in solitudine per quell'errore, cerco di capire da dove viene e perchè, e qualche volta mi metto in agitazione per la rabbia. Ci sono errori, anche grossolani, che commettiamo spesso per educazione,  e altri che invece commettiamo perchè ci eravamo abituati  alle persone peggiori, e tornare alla nostra realtà poi non è così automatico, dobbiamo sbagliare per capirlo. Qualche volta sorrido per le cose buone fatte dette e vissute, per attenzioni, affetto e amore dato e ricevuto, per una buona azione che fa sempre più bene a noi che agli altri ai quali bisogna sempre dosarle per non essere divorati. Ci sono sere in cui nuoto nel mare freddo delle mie debolezze, in quelle che conosco e con le quali ho imparato a convivere, e in quelle che riscopro con amarezza e dolore anche, ma senza lasciarmi più sopraffare, vincere. Comprendo così che nel mio oceano mare la corrente della forza ormai  è superiore a quella della debolezza e anche nel vortice dell'incontro è lei che vince, e magari è anche per questo che sono sola senza avvertirlo, senza desiderare di non esserlo.Stasera sarò fuori, camminerò sui miei taccchi, accavallerò le mie gambe, sorriderò, parlerò, riderò, toccherò i mie capelli, ma senza mai smettere un attimo di pensare a quel momento, di desiderare di tornare in quel mio piccolo mondo segreto e amato, di pienezza e solitutine, di una me che ogni giorno divido con la mia gatta e ogni notte con quel che resta del giorno.

mercoledì 12 giugno 2013

Il giorno dopo di #domani.

Sembrano immagini di repertorio e invece siamo noi che a scadenze regolari ormai, festeggiamo  uno per volta il nostro ingresso negli anta. Ci ritroviamo tutti insieme, a volte dopo esserci persi di vista per qualche tempo e poi ritrovati, ma si sa la vita è fatta di apparizioni e sparizioni continue. Abbiamo corpi appesantiti dal tempo e visi  segnati dal rammarico, dalla delusione, da tutto quel dolore che proprio non ci aspettavamo. Quando ci guardo sorridere e ridere forte e ballare, penso a quelli di noi che sono già morti, a quegli  altri che hanno affrontato l'abisso e che  incontriamo di rado e ci sembrano ombre, fantasmi. E poi per fortuna ci sono quelli di noi che hanno fatto percorsi normali e sono ancora lì a camminarli e noi ne gioiamo. E poi, poi ci siamo noi, noi che sopravviviamo, che sembriamo gli stessi e non sappiamo in cosa siamo cambiati, noi che a momenti  abbiamo ancora negli occhi quella dolcezza infantile che non abbiamo mai ricevuto ma solo incondizionatamente donato. Noi amati sempre nella maniera giusta dalle persone sbagliate e nella maniera sbagliata dalle persone giuste. Siamo capaci di guardare con occhi densi di lacrime e un nodo in gola come  un chiodo, i figli degli uomini che abbiamo amato, che amiamo ancora e di sentirli anche un pò nostri questi figli che ci sorridono e non sanno di quando facevamo l'amore di nascosto al mare, in macchina, nelle fredde case estive, d'inverno. Questi figli che vivono in famiglie che non funzionano e in quelle che non hanno funzionato, che ci chiamano zia, che ci stringono e non sanno di quando noi sognavamo di loro, coi loro padri e i loro padri con noi che noi siamo diventate le loro madri. Quei "nostri" figli che ballano insieme e diventano amici e si vede già chi sarà la più bella, chi un seduttore. Guardandoli pensiamo già a tutti i cuori  che faranno soffrire, ma anche a quanto inevitabilmente soffrirà il loro senza che noi possiamo farci nulla, se non stare lì a dire che è successo anche noi e che qualche volta, passerà. Adesso tutti questi figli sono nostri, tutti, adesso che abbiamo sbagliato tutto e torniamo indietro per riamarci come prima, più di prima, adesso che al contrario di allora siamo disposti ad accettare che qualcuno conti per noi più della felicità. Adesso che siamo usciti dalle nostre prigioni, i giovani intorno ci fanno riaffiorare negli occhi e nei ricordi gli anni novanta, quegli anni  in cui scappavamo di casa per andare a ballare, in cui eravamo costretti a combattere per tutto ciò che pensavamo ci spettasse di diritto, mentre al tavolo accanto delle ragazze non conoscono nemmeno le parole delle canzoni che complice l'alcool cantiamo forte. Sono ragazze giovani, alte, alla moda, con i capelli perfetti, alcune belle, già sole, tutte, e magari hanno gli stessi sogni che avevamo noi. Guardarle ci riporta indietro alle nostre estati di fine liceo quando ci sentivamo adulti e credevamo di avere tutte le scelte possibili da fare, quando credevamo che sarebbe stato tutto sempre meglio, sempre più perfetto, che avremmo avuto tutto ciò per cui ci sentivamo nati, a quando nell'aria c'era solo il futuro. Le guardo e penso che un giorno saranno come noi o peggio, come noi che il domani ormai lo stiamo vivendo, che il domani ormai è già passato e non lo capiamo, come noi che quel domani lo abbiamo perduto e non lo accettiamo, come noi che di quel domani stiamo già attraversando il giorno dopo.

mercoledì 5 giugno 2013

Gli uomini guidano come fanno #sesso.

Ci sono quelli che hanno una guida fluida, costante, dolce, passionale ma attenta, rivelatrice di un rapporto sereno ed equilibrato con il mezzo, si fondono con la macchina stessa, la conoscono e cercano di ottenere la massima  prestazione da essa per il piacere e la sicurezza di entrambi. Ci sono quelli dalla guida nervosa e insicura :accelerate gratuite, perdita di aderenza sulle curve, decelerazioni improvvise e altrettanto improvvise frenate. Poi ci sono i mancati corridori di formula uno, quelli che partono e arrivano subito a destinazione mentre tu intanto devi reggerti forte alla maniglia passeggero come fossi sul tram, e ovviamente gli opposti, quelli che vanno lentissimamente perchè o si concentrano troppo o si distraggono o parlano e intanto tu guardi l'orologio perchè ti viene una fretta e una noia e poi un nervoso che pensi di guidare da te per sempre! Poi ci sono quelli proprio negati per come natura crea, esperienza di anni e lezioni non serviranno mai a nulla, e quelli che comunque la macchina si la portano, magari anche la guidano a momenti , ma poi non sanno posteggiare. Quelli che se non ci stai attenta ti fanno sbattere contro qualsiasi cosa tanto sono maldestri e immaturi, questi ultimi sono pericolosissimi almeno quanto quelli che non hanno tenuta di strada, proprio non sanno tenere  la macchina in linea anche se hanno sotto una di quelle fuoriserie full optional e più ,che basterebbe anche solo inserire il pilota automatico, niente ti fanno venire da vomitare anche se non soffri nè la macchina nè altri mezzi, sembrano andare a vela come fossero in mare. Gli studiosi sostengono che gli uomini hanno rispetto alle donne più attitudine alla guida, ma in moltissimi sembrano trovarsi di fronte ad una sfinge ogni qualvolta si siedono al volante, pur credendosi tutti dei grandi indovini naturalmente! La  guida è argomento intoccabile ed inviolabile per ognuno di loro, esattamente come il loro modo di fare sesso e amore. Le statistiche dicono inoltre che sono più bravi alla guida perchè risultano avere  più incidenti delle donne che per insicurezza sono più prudenti, beh, io sorridendo, a loro insaputa, la prudenza la applico prima dal sedile passeggero .

martedì 4 giugno 2013

Mi succede di pensare al tuo #nome.

Mi vedo ancora lontana da casa, lontana dal color acqua di mare del mio cielo, lontana dagli odori e i colori della mia tranquillità, lontana da Tabata che malinconica aspetta il mio ritorno. Tutte le volte che mi allontano anche quando in chilometri la distanza non è moltissima in fondo, mi sento sempre su una terra diversa, di certo sempre mia, ma diversa. Tra la folla mi sembra sempre di riconoscere volti e corpi che conosco, un modo di camminare, di muovere le spalle o ancheggiare mi fa pensare per un momento di avere intorno persone a me care o conosciute o amate. Forse in verità la gente si somiglia un pò tutta, un pò ovunque, siamo tutti simili ad altri che ci sono estranei, oppure è vero anche che a volte qualcuno per un qualche particolare insignificante agli occhi di molti, ci ricorda qualcun altro a cui non somiglia affatto. E ricordare non è somigliare in realtà. La verità è che fra milioni di persone, pur nelle appartenenze alle tipologie, ce ne  sono alcune così diverse da tutte le altre, da tutta la normalità, ce ne sono alcune, poche, rare, di una bellezza che sfugge a qualsiasi descrizione, e mentre le  ricordiamo le amiamo di più anche per questo, le rimpiangiamo di più anche per questo, le vorremmo di nuovo vicine anche per questo, coscienti del fatto che incontrarle, averle, sfiorarle, è stata una fortuna. Mi succede di pensare di sentire che sei fra la gente, di cercare le tue spalle, la tua testa, la tua andatura. Mi capita di vederti ancora e non ci sei, mi capita di sentirti  vicino e non ci sei, mi succede di desidere di correre indietro verso quello che era il nostro vivere e non è più possibile, mi succede di amarti, ancora, vivamente e vividamente, e non ci sei, e non  mi ami, e non ci sarai mai più. Mi succede di capire che non guarirò mai,  di pensare che se avessi solo un'ultima notte è solo con te che vorrei passarla, che se bruciasse la città io correrei solo a vedere se tu e solo tu ti fossi messo in salvo. Mi succede di pensare che avrei voluto morire con te accanto, con te che non sei sangue del mio sangue e ti sento corpo del mio corpo, che avrei voluto quel figlio e non un figlio, perchè sarebbe stato figlio tuo, tuo e mio. L 'amore non passa mi succede di pensare, e quando penso all'amore o sento l'amore, quando mi sembra di ritrovarlo lungo la strada, anche per un solo istante, anche solo negli occhi di qualcun altro, nella bocca di altri uomini, io penso solo e soltanto a te, a te che nella mia vita ti chiami e ti chiamerai sempre soltanto "amore"... e dire che così, non ti ho chiamato mai...

giovedì 30 maggio 2013

Il sesso onirico.

I sogni erotici sono appaganti. Capita infatti che il sesso sognato sia migliore di quello vissuto, vuoi perchè in genere sogni di fare sesso quando non ne fai molto nella realtà, vuoi perchè la censura nei sogni è praticamente inesistente, vuoi perchè spesso sogni uomini che nella vita reale non sarebbe possibile avere. Meglio darsi delle regole quando si tratta solo di sesso, meglio darsi delle regole sempre. Non credo che in amore e in guerra tutto sia lecito, la considero la patetica giustificazione di quelli che in nome dell'amore commettono le peggiori nefandezze. Ma nella dimensione onirica, nostro malgrado, possiamo vivere chiunque e qualunque cosa. Scopriamo desideri che non sapevamo di avere, facciamo l'amore con uomini che non ci eravamo accorte di desiderare, o con quelli che invece desideriamo ma censuriamo, o con quegli uomini che abbiamo perduto e che ci stordivano i sensi. Il risveglio non è soltanto piacevole, io personalmente mi stiracchio come quella stupida di Rossella O'Hara dopo la famosa movimentata notte con Rhett Butler, ma ci lascia addosso una sensazione di appagata pienezza per tutta la giornata .

venerdì 24 maggio 2013

La morte degli altri.

Quelli che vivono vicino a noi non dovrebbero mai morire, mai, nemmeno quelli che conosciamo di sfuggita, nemmeno quelli che conosciamo solo di vista. Piombiamo improvvisamente in una dimensione umana estranea a questa nostra cultura che ha rimosso l'idea della morte. Ogni morte vicina o conosciuta  ci catapulta nella realtà dove il mito della giovinezza eterna non esclude più la fine di questo viaggio. Improvvisamente ricordiamo che la nostra cittadinanza non è di questo mondo e che prima o poi saremo espulsi dall'unica vita che conosciamo, dall'unico mondo che sappiamo. Quando muore qualcuno vicino a noi, qualcuno che abbiamo anche solo salutato, o a cui abbiamo solo stretto la mano o parlato qualche volta,  qualcuno di cui ricordiamo il sorriso dolce magari, il colore dei capelli, degli occhi, proviamo dolore, sgomento, come se si trattasse di un evento contronatura, ingiusto, sempre. Ci commuoviamo fino alle lacrime durante l'ultimo saluto, scrutiamo con curiosità i volti sfigurati dal dolore di quelli che lo amavano, che vivevano con lui, le nostre gambe si fanno improvvisamente deboli. La verità però è che non piangiamo per il ricordo di quegli occhi, di quei capelli, di quel sorriso, non piangiamo solo perchè la morte implica una separazione eterna in cui mai più ci rivedremo, mai più ci toccheremo, non piangiamo solo quella morte, quell'amore, quell'affetto, o solo quella simpatia che provavamo, la verità è che chiunque muoia, noi piangiamo la nostra morte. L'empatia per il dolore altrui nasce dal pensiero del dolore che proveremmo noi se ci trovassimo nella medesima situazione. Proviamo ad immaginare quale sarebbe il nostro dolore se ci trovassimo improvvisamente di fronte alla perdita di nostro  padre, di nostro fratello, di nostra madre, di fronte al non sapere se sapremmo imparare a vivere in un mondo dove quelli che amiamo non ci sono più. Piangiamo perchè non accettiamo il morire nè il nostro nè quello di chi amiamo nè quello di quelli che conosciamo. Piangiamo perchè sentiamo che la morte di qualsiasi altro è sempre preferibile alla nostra, piangiamo la nosta fragilità, la nostra debolezza, la nostra impotenza rispetto ai disegni più grandi che non possiamo controllare. Piangiamo perchè in realtà qualunque sia la nostra vita, il nostro destino, qualunque siano state e siano le nostre sofferenze, chiunque ci rimanga o chiunque possiamo aver perduto, non vorremmo mai morire, se soltanto potessimo scegliere, sceglieremmo di  vivere per sempre.

mercoledì 22 maggio 2013

#Scrivo...

Scrivo molto in questo periodo, scrivo come non mi succedeva da molti anni. Faccio l'editing ad un mio libro scritto diversi anni fa ed è come leggere e correggere la vita di qualcun altro. Quando ti leggi da lettore e dopo tanto tempo, molte cose non ti appartengono più, spesso non sono più tue subito dopo che le hai messe su carta a dire il vero. Quando però  il tempo è passato davvero, ti accorgi che il ritmo della tua scrittura era diverso perchè era diverso il tuo respiro, e quando lo avverti più serrato era perchè vivevi trattenendo il fiato, e questo comportava un affaticamento non da poco. Solo pochi anni fa eri comunque più giovane, lo era la tua vita, lo era il tuo cuore, lo erano i tuoi occhi. Scrivo adesso più di ieri ,scrivo di giorno, scrivo molto di notte  e quando non è ancora l'alba: l'aurora mi riappacifica con me stessa e con tutti i paesi del mio mondo. Quando scrivo è come se scrivesse tutto intorno a me, scrive tutta la casa, tutto diventa scrittura, il divano che profuma di pelle, le librerie stracolme, gli angeli sulle mensole, i quadri appesi alle pareti, il letto disfatto, la scrittura è ovunque. Scrivere è un'esperienza di solitudine, di solitudine e silenzio. Sei solo con la tua pagina bianca, i tuoi tasti, e quel libro che aspetta di essere scritto e che è già dentro di te, urge, pulsa sotto la tua pelle riempiendo di vita tutta la tua vita, non ti puoi sottrarre anche se non hai idea di cosa scriverai, ti porti dentro un non ancora nato e anche questo ti fa sentire madre.

domenica 19 maggio 2013

Si..#viaggiare.

Viaggiare per lavoro è una di quelle cose che proprio non avevo contemplato per la mia vita. Sono abitudinaria, sedentaria anche, se potessi passerei la mia vita a leggere, scrivere, guardare del buon cinema e la tv che mi piace. Esco di casa quando  mi stanco di vivere soprattutto la vita degli altri, e solo per vedere le persone di cui non posso fare a meno, di cui amo la compagnia, e se proprio non ce la faccio, li invito qui, nel mio mondo sul tetto ad un passo dal cielo.  Quando parto per viaggi brevi, vado via col cuore pesante perchè sono costretta a lasciare la mia Tabata a casa da sola, magari lei si prende una vacanza da me compagna apprensiva, ma io detesto dovermi separare da lei, e anche se un caro amico viene a controllarla ogni giorno, io vorrei almeno poterle telefonare. Andare incontro ad altri mondi, ad altre vite, altre terre, è qualcosa che inizialmente mi mette sempre un pò di paura o non so cosa, poi, qualunque cosa sia, passa, forse perchè il mondo mi accoglie sempre come se fosse stato lì ad aspettarmi. E io, dove sono stata io mentre il mondo mi aspettava? Chi, che cosa, lascio che mi aspetti ancora? Me lo chiedo con le valigie piene di casa, di vita lontana, me lo chiedo ogni volta che le disfo in ogni camera d'albergo. Non amo le stanze d'albergo, non mi sembrano mai abbastanza pulite, accoglienti, le sento sempre piene di passaggi di altra gente che non conosco, che non so, di altri amori, magari anche solo ad ore, di segreti o del piacere della distanza. Le stanze d'albergo mi ricordano la transitorietà. Mi ricordano  la madre di quella paura che a momenti mi  attanaglia la gola, quella dell'eternità del dopo di me, di noi. Mi ricordano che tutti gli esseri umani pensanti vivono imparando a gestire questa paura sin dal momento in cui ne acquistano consapevolezza, sin dal momento in cui, in genere da adolescenti qualcosa intacca il nostro sentirci Dei immortali, facendo affiorare in noi quella realtà della vita che ci grida che anche per noi un giorno finirà,tutto, per sempre. Ed ecco che diventiamo  di passaggio ovunque, nelle vite di quelli che amiamo o abbiamo amato, di amici che avevamo scelto per camminare con noi, nelle vite di tutti gli altri insomma e loro nelle nostre. Diventiamo di passaggio nel lavoro anche, nei luoghi, nelle case , di passaggio nei cuori, nei letti, nei pensieri, di passaggio ovunque, e in tutto questo andare e venire e tornare, gli insostituibili sono davvero pochissimi, e tuttavia, impariamo, continuiamo a vivere anche senza di loro.

mercoledì 15 maggio 2013

La tua mano nelle mie mani.

Mentre guidi mi cerchi la mano. Viaggiamo così, sulla strada, di notte, con te che mi prendi la mano e la tieni nella tua, e mentre sui sedili dietro gli altri parlano, noi ascoltiamo solo il contatto del nostro stringerci e il calore che ne deriva. Sento, so, che anche tu stai vedendo dentro di te la stessa cosa che vedo io, sento, so, che stai sentendo anche tu  quel qualcosa che ci attraversa il cuore. Viaggiamo così, sulle strade della notte, con l'alba che ci viene incontro e la tua mano sempre stretta nella mia. In quella stretta che mi accarezza le dita sento insieme al calore il vigore di tutto il tuo corpo, penso ai nostri incontri ,alla forza che ne deriva mentre avvinghiati  ci spingiamo l'uno dentro l'altro stringendoci forte le mani come in un combattimento, una lotta in cui a vincere è qualcosa che si serve dei nostri corpi per gridare il suo bisogno di vivere, esistere, oltre ogni cosa visibile e invisibile. E ripenso ai tuoi occhi dentro i miei e non so misurare quanto a fondo riescano a penetrarmi, mi trafiggono in maniera indelebile, senza scampo, immobilizzandomi per istanti che sembrano eterni, per istanti che mi sembrano l'eterno, per istanti che mi sembrano l'unica cosa per cui valga davvero la pena vivere. Ti porti la mia mano alla bocca e mentre la sfiori con le tue labbra, sorrido risentendo l'eco delle nostre risate. Mi rivedo con le braccia attorno al tuo collo in quella piscina idromassaggio, ti rivedo con il bicchiere in mano mentre il tuo braccio, scuro, forte, non mi permette di allontanarmi, mai, neanche quando vorrei nuotare, neanche quando siamo lontani nella realtà della vita. Mentre guidi ogni tanto mi guardi senza mai lasciarmi la mano,e in quello sguardo ci sono tutti gli anni in cui ci siamo inseguiti, sfuggiti, raggiunti e mai persi, ci sono tutti gli anni in cui ci siamo detti sempre e solo si, ogni volta. La vita capricciosa ci mette su binari diversi mentre noi ignari troviamo sempre il modo per saltarli e incontrarci  e scoprire di avere fatto tanta strada, ciecamente, inconsapevolmente, ingenuamente, tanta di quella strada solo per arrivare fino a lì, a quel punto, a quel momento, a quel giorno, in quel luogo dove ci siamo incontrati e subito riconosciuti. E quando ci si riconosce in un mondo di estranei che vivono intorno a noi, vicino a noi, con noi troppo spesso, lasciarsi, perdersi e morire anche un giorno, senza sapere più nulla di quella parte di noi che avevamo ritrovato, diventa disumano, impossibile, non si può lasciare che succeda. Viviamo per un attimo, e in quell'attimo tu mi stringi la mano mentre io sento che una mano non basta più e avvicino anche l'altra. Adesso tengo stretta la tua con tutte e due le mie mani, per tutto il viaggio, mentre la strada e l'alba ci avvolgono, e so che sto accarezzando il tuo cuore mentre dolcemente mi sdraio sul mio.

Anima e Corpo


martedì 14 maggio 2013

E non è ancora l'alba

Sono qui nella mia nuova casa da più di una settimana ormai e ancora non dormo bene. Di giorno quando mi sdraio sul letto con lo sguardo rivolto alla finestra è come se fossi in aereo,vedo solo nuvole, un mare in movimento, un cielo infinito. Di notte le luci della città sotto di me, davanti a me, cosi lontana e così vicina, mi fanno scivolare in una strana malia a cui ancora non riesco ad abituarmi ne a dare un nome. Mi addormento ancora ripensando alla porta di casa e di vita che mi sono chiusa alle spalle, senza rimpianto,eppure era stata la mia prima casa da sola, e la mia prima casa con un uomo poi. Sensazioni dolci e amare, gioie e dolori, libertà e prigionia, ma vita, la mia. Mi sveglio agitata da sogni confusi, sogni in cui però non c'è più la paura, sento che anche Tabata è irrequieta, non si è ancora ambientata del tutto nemmeno lei. Si è legata a me molto di più di quanto lo fosse prima, mi sta più vicina ,sul divano ,sul letto, mi abbraccia con le sue zampette,e quando mi sveglio si sveglia anche lei. Si alza prima di me e si aggira per la casa, si ferma davanti alla portafinestra che da sul terrazzo e guarda incredula tutta la città sotto di lei, come se ne fosse l'imperatrice. A volte si gira a cercarmi, mi guarda, mi invita vicino a lei. Dal momento che ancora il tempo non lo permette, guardiamo da dietro un vetro la città, la nostra vita anche, sentendoci l'una parte dell'altra, mute, immobili. Ho capito che è lei a vegliare su di me e non il contrario, io mi prendo solo cura di lei. L'ho capito qualche tempo fa quando svegliandomi in piena notte ho aperto gli occhi e l'ho vista accanto a me, sembrava una sfinge solitaria e silenziosa. Era sveglia,immobile, mi dava le spalle come fa spesso, e fissava un punto che solo lei vedeva. Ho sorriso, non l'ho sfiorata, so che non le piace, si scosta se lo faccio quando non è lei a chiederlo, e mi sono riaddormentata con addosso uan sensazione di tranquillità, come chi si sente al sicuro.Allora ho capito che  Tabata è un angelo a forma di gatto, è stata lei a bussare alla mia porta, lei a chiedere di vivere con me, è lei che decide quando baciarmi e farsi accarezzare, si comporta come se la madre fosse lei e io la figlia. Mi sgrida, si offende, pretende rispetto, ma sta sempre accanto a me, veglia su di me da vicino e da lontano anche temo. Quando dormo o lei pensa che io stia dormendo e non me ne accorga, è allora che piano, leggera come se fosse alata si mette accanto a me e sorveglia, protegge il mio sonno. Adesso più di ieri abbiamo bisogno l'una dell'altra. Un suono ci distoglie dai nostri pensieri, è il mio telefono, arrivano dei messaggi, sei tu che non riesci a dormire, che mi scrivi d'amore e d'insonnia ,di bisogno e desiderio,di volontà e destino, tu ancora, dopo tutti questi anni, dopo tutta questa  vita. Io non rispondo, mi guardo intorno, non è buio e non è luce, e dentro e fuori di me e la mia casa sul tetto, sento presenze, fantasmi, e passato, e futuro che mi aspetta, sento amore, e dolore e sentimenti provati e da provare,vissuti e ancora da vivere. Sento come se stessi ripercorrendo una strada, una vita già vissuta, mi capita a volte, ma ci sono sensazioni che sento solo in questa luce, che sento sempre e solo quando ancora non è nemmeno l'alba.