venerdì 22 novembre 2013

La schiavitù del non #amore.

Ci sono desideri, sogni, che possono farci ammalare, che ci rendono schiavi di frustrazioni che altrimenti non avrebbero motivo di albergare ferocemente in noi, in chi non ha la capacità di prendere coscienza della realtà, di recuperare  il contatto con quest'ultima. Ci sono sogni, desideri di bambini che ancora ci fanno scegliere una cosa piuttosto che un'altra, senza che ne riusciamo a capire subito la ragione. Ci sono quei sogni invece che ci trasciniamo dietro sin dall'istante in cui sono andati in pezzi e non siamo più riusciti a ricomporli. E poi e sono i peggiori, ci sono quei sogni che non riguardano noi, la nostra vita passata e presente o futura, ma riguradano solo altri che non guardano nella nostra direzione. Sono desideri che riguradano altri che spesso hanno dimenticato che esistiamo, ammesso che lo sappiano, o altri che ci considerano come meglio credono e non è mai come noi vorremmo che ci considerassero, o peggio, riguardano altri  che ci hanno conosciuti e dimenticati o per i quali non contiamo più nulla o non abbiamo mai contato davvero. Certo detto da me che ho scritto di volere sposare Claudio Baglioni non so se risulta più vero o più comico, ma il mio desiderio, il mio sogno vero, non si chiamava Claudio ma Alessandro, non sapeva nemmeno cantare, e aveva occhi color piscina, occhi in cui ancora oggi faccio fatica a non affogare. Occhi che potevano diventare nostalgia e malattia, se solo glielo avessi permesso. Siamo stati tutti l'amore della vita di qualcuno, il sogno di qualcuno e per alcuni sicuramente molti di noi quel sogno lo sono ancora. La qual cosa però diventa davvero sgradevole quando un sentimento così privato, anche romantico se vogliamo, lo si fa diventare pubblico in maniera ossessiva, negativa, volgare, bugiarda. Ho scoperto negli anni di essere stata con uomini che non avevo mai degnato di uno sguardo che non significasse il doversi salutare appena con un cenno. Ho saputo di avere avuto storie di varia natura, con uomini evidentemente disturbati a tal punto da inventarsi un amore nei loro confronti che da parte mia non era nemmeno amicizia, spesso addirittura erano uomini che conoscevo appena, in qualche caso affatto. Mi rendo conto di quanto e come gente non appetibile si possa inventare qualunque cosa per cercare invano di diventarlo, di poterlo anche solo sembrare. Ancora oggi scopro su qualche bacheca feisbucchiana di avere avuto una grande storia d'amore finita malissimo con qualcuno che si inventa affinità, feeling e storie alla sliding doors che riguardano noi due, per giustificare comportamenti ossessivo compulsivi, ingiustificabili, paranoici, scadentemente volgari che spaventano non poco dati i tempi in cui viviamo, e che potrebbero oggi anche essere passibili di denuncia. E poi, purtroppo, succede anche di dover pazientemente, per carità cristiana, accettare sorridendo di essere il bersaglio di chi è schiavo di un sogno di sè che non ha nessuna attinenza con la realtà. E' il sogno di quelle brutte donne che avrebbero voluto nascere belle, o più semplicemente come te, essere umano normale ma corrispondente a canoni vigenti, come te che puoi sempre, ancora, diventare, essere, un sogno,il sogno di qualcuno, mentre loro sono state, sono, e saranno sempre un incubo, per se stesse prima, e per moltissimi altri poi. La schiavitù del non piacere, del non essere desiderati, sognati, amati,la schiavitù del non amore.

venerdì 15 novembre 2013

Mentre tutto scorre

Piove. Finalmente. Mi piace la pioggia, mi acuisce i sensi. Quando piove mi sembra di percepire odori lontani, suoni lontani, e colori di altri mondi lontani chissà quanto, mondi solo immaginati. La pioggia mi porta lontano, mi culla pensieri e parole, mi fa viaggiare all'indietro riportandomi ad una ninnananna che nessuno mi ha cantato mai. Quando piove sento che non mi manca più nulla, che il tempo non esiste, che la paura non esiste, niente in realtà sembra più esistere davvero, se non per un momento, un breve istante in cui ci sono anch io, anche lui, anche tutto il resto e tutti gli altri, mentre tutto scorre insieme all'acqua sotto i marciapiedi. Quante volte ho vissuto ore, giorni, mesi, forse anni, con la sensazione di essere ferma, di essermi fermata, forse di non essere mai nemmeno partita in realtà. Ti sembra di essere fermo mentre gli altri che ami, che conosci, che hai vissuto, non fanno altro che partire, andare lontano, andare a vivere altrove, andare a vivere un amore, una donna, un uomo, un figlio, un luogo, un lavoro, mentre a te resta da vivere solo lo strazio della separazione, del rimanere, di giorni che iniziano e sono già finiti. E anche quando ti sembra di avere fatto tanta strada, di avere vissuto cose che altri non hanno vissuto e a te sembrava che fosse quella la vita, quello il vivere, e anche quando sei partito e tornato mille volte, un giorno apri gli occhi e pensi che forse hanno vissuto davvero quelli che hanno vissuto di meno, sofferto di meno, che sono caduti di meno, che le hanno date e prese di meno. Apri gli occhi e pensi che forse ha vissuto davvero chi è rimasto sempre uguale, chi ha seguito la strada maestra, la strada della vita, chi ha amato sempre le stesse persone, lo stesso uomo, la stessa donna. Mentre tutto scorre mi sembra di non distinguere più dove sia iniziata la mia vita e dove si sia fermata comunque, ad un certo punto. Mi sembra di sentirmi dentro esattamente come mi sentivo venti o trent'anni fa, solo che adesso sono diversa fuori. Mi guardo allo specchio e penso che non posso più permettermelo. Non posso più permettermi di essere fragile, o di avere paura, di scivolare nella debolezza e in debolezze. Non posso più permettermi di essere romantica, di cercare qualsiasi cosa nei posti sbagliati, nelle persone sbagliate. Non posso non affrontare nemmeno una delle cose che ogni giorno mi tocca affrontare. Ci sono cose che nonostante il tuo cuore, i tuoi sogni, o anche la tua non esperienza, devi vivere col corpo che hai, la faccia che hai, gli anni che hai, tutta la vita che hai alle spalle indipendentemente dalle cose di ci cui è fatta o non è fatta quella vita. La mia quando osservo la pioggia da dietro un vetro e tutto scorre come sempre, la ripenso come se non fossi stata io a viverla, come se io in realtà fossi stata sempre qui ferma a questa finestra, immobile. La ripenso senza più rabbia, o rancore, o rimpianto, senza più desiderare cose che so ormai non scritte per me, la ripenso con un mezzo sorriso nonostante quella che può sembrare una sconfitta. Ho giocato un gioco che non ho scelto, un gioco di cui non conoscevo le regole, ho giocato senza la benchè minima consapevolezza del mio buon punteggio iniziale, e anche quando mi è sembrata la mano giusta, finalmente, ho mancato la presa per un soffio, perchè lei, la vita, beffarda, in realtà mi aveva  solo sfiorata, ingannata. E adesso che lo so, adesso che ho capito il suo gioco, adesso che ho capito che la mia vita è stata, sarà solo questo, me ne sto sto qui da sola seduta al mio tavolo vuoto mentre gli altri intorno a me continuano a giocare nel loro, continuano il loro gioco con la vita mentre tutto scorre, mentre tutto scorre via come l'acqua sotto i marciapiedi.