martedì 10 marzo 2020

#scatoleparlanti


Sul finire dell’estate mi sono rotta un polso. Per essere più precisi mi sono fratturata un osso di congiunzione fra la mano e il polso, un osso che non sapevo nemmeno di avere. Trenta giorni di quasi immobilità, trenta giorni in cui tutte le mie funzioni motorie sono state fortemente limitate, alcune lo erano oggettivamente, altre solo psicologicamente. Sono caduta da cavallo diverse volte, sono scivolata con motorini, moto, biciclette, pattini a rotelle, in linea e da ghiaccio, ho commesso molte imprudenze adesso so, e questo mi faceva pensare forse di essere immune a rotture e gesso, di  poterla fare sempre franca fino a quando non sono banalmente scivolata in casa. È stata quella immobilità che mi ha ricordato che una volta guarita , dovevo riaprire tutte le mie scatole, una per una, tirare fuori ogni cosa e ricominciare. Ricominciare a dipingere, provare a scolpire, a creare e ricreare, ricominciare a scrivere. In una di quelle scatole avevo chiuso questo blog, intenzionata a non riaprirlo, se non ti pubblicano non sei uno scrittore così come  se non eserciti non sei un avvocato, un ingegnere, un architetto, se non insegni in una scuola, non sei un insegnante, insomma non sei qualcosa che non ti venga riconosciuta dalla società in cui vivi. E per citare qualcuno : l’unica cosa che scriviamo per noi è la lista della spesa. Non volevo essere come quelli che sono qualcosa solo nella loro testa, nei loro desideri, o ancora più spesso nelle loro illusioni. Non sono nemmeno una di quelle persone a cui interessa sembrare intelligente a tutti i costi, bastano davvero poche cose, poche parole anche, per definire una persona.  Da bambina in un compito in classe a cui l’insegnante di lettere fece fare il giro della scuola, scrissi: io non parlo molto, dico solo le cose che devo dire.
E oggi è ancora così,  parlo solo delle cose che sono sicura di sapere,  di conoscere a fondo e anche in quel caso mi capita spesso di pensare che potrei avere ragione solo a metà. È per questo che non cinguetto su twitter o blatero di qualsiasi argomento su qualunque social come se fossi un’autorevole celebrità  dei cui consigli e delle cui brillanti considerazioni il mondo ha bisogno. Ho imparato che non ci si può relazionare con chiunque e che è inutile discutere con mondi diversi, non cambia me, non cambia l’altro e soprattutto non cambia la cosa in sé. Io sono, punto, e questo basta, e questo è tutto. Sono e scrivo. Ho iniziato un altro libro. Con gli anni anche se non dipingi, quando riprendi lo fai meglio di quando hai lasciato e non sai nemmeno come sia possibile, ed è con questa speranza applicata  alla scrittura che ho ripreso a scrivere. È stato  durante una  pausa da lavoro che senza pensarci più di tanto, anzi senza nemmeno sperarci in realtà, ho spedito la bozza di un mio libro ad un indirizzo apparso in pubblicità, indirizzo al quale corrispondeva una casa editrice giovane, nuova, libera e soprattutto non a pagamento e con un nome familiare alla mia testa : Scatole parlanti. E sarà proprio in una di quelle scatole che a fine mese uscirà il mio libro : Greta.
 Qualunque cosa tu voglia fare con quello che sai e con quello che credi di sapere, potere fare, devi avere qualcuno che lo riconosca e creda in te, che investa su di te. Ed io per questo devo ringraziare Fortunato, il direttore editoriale e poi Gabriele il mio editor , già il solo fatto di averne uno mi fa sorridere, se poi penso alla delicatezza dimostrata nel prendersi cura dei miei pensieri, mi rendo conto di essere stata fortunata due volte. Grazie a Luca che ha tradotto il contenuto delle mie parole in un immagine di copertina che presto vi farò vedere, grazie ad ognuno di loro per essere una buona squadra, una bella realtà grazie alla quale muoverò i primi passi in un mondo in cui spero di poter crescere, finalmente.