Sul finire
dell’estate mi sono rotta un polso. Per essere più precisi mi sono fratturata
un osso di congiunzione fra la mano e il polso, un osso che non sapevo nemmeno
di avere. Trenta giorni di quasi immobilità, trenta giorni in cui tutte le mie
funzioni motorie sono state fortemente limitate, alcune lo erano
oggettivamente, altre solo psicologicamente. Sono caduta da cavallo diverse
volte, sono scivolata con motorini, moto, biciclette, pattini a rotelle, in
linea e da ghiaccio, ho commesso molte imprudenze adesso so, e questo mi faceva
pensare forse di essere immune a rotture e gesso, di poterla fare sempre
franca fino a quando non sono banalmente scivolata in casa. È stata quella
immobilità che mi ha ricordato che una volta guarita , dovevo riaprire tutte le
mie scatole, una per una, tirare fuori ogni cosa e ricominciare. Ricominciare a
dipingere, provare a scolpire, a creare e ricreare, ricominciare a scrivere. In
una di quelle scatole avevo chiuso questo blog, intenzionata a non riaprirlo,
se non ti pubblicano non sei uno scrittore così come se non eserciti non sei un avvocato, un
ingegnere, un architetto, se non insegni in una scuola, non sei un insegnante,
insomma non sei qualcosa che non ti venga riconosciuta dalla società in cui
vivi. E per citare qualcuno : l’unica
cosa che scriviamo per noi è la lista della spesa. Non volevo essere come
quelli che sono qualcosa solo nella loro testa, nei loro desideri, o ancora più
spesso nelle loro illusioni. Non sono nemmeno una di quelle persone a cui interessa
sembrare intelligente a tutti i costi, bastano davvero poche cose, poche parole anche, per definire una persona. Da
bambina in un compito in classe a cui l’insegnante di lettere fece fare il giro
della scuola, scrissi: io non parlo molto, dico solo le cose che devo dire.
E oggi è
ancora così, parlo solo delle cose che
sono sicura di sapere, di conoscere a fondo e anche in quel caso mi capita spesso di pensare che potrei avere ragione
solo a metà. È per questo che non cinguetto su twitter o blatero di qualsiasi argomento
su qualunque social come se fossi un’autorevole celebrità dei cui consigli e delle cui brillanti considerazioni il mondo ha bisogno. Ho imparato che
non ci si può relazionare con chiunque e che è inutile discutere con mondi
diversi, non cambia me, non cambia l’altro e soprattutto non cambia la cosa in
sé. Io sono, punto, e questo basta, e
questo è tutto. Sono e scrivo. Ho iniziato un altro libro. Con gli anni anche
se non dipingi, quando riprendi lo fai meglio di quando hai lasciato e non sai
nemmeno come sia possibile, ed è con questa speranza applicata alla scrittura che ho ripreso a scrivere. È
stato durante una pausa da lavoro che senza
pensarci più di tanto, anzi senza nemmeno sperarci in realtà, ho spedito la bozza di
un mio libro ad un indirizzo apparso in pubblicità, indirizzo al quale corrispondeva
una casa editrice giovane, nuova, libera
e soprattutto non a pagamento e con un nome familiare alla mia testa : Scatole
parlanti. E sarà proprio in una di quelle scatole che a fine mese uscirà il mio
libro : Greta.
Qualunque cosa tu voglia fare con quello che
sai e con quello che credi di sapere, potere fare, devi avere qualcuno che lo
riconosca e creda in te, che investa su di te. Ed io per questo devo
ringraziare Fortunato, il direttore editoriale e poi Gabriele il mio editor ,
già il solo fatto di averne uno mi fa sorridere, se poi penso alla delicatezza
dimostrata nel prendersi cura dei miei pensieri, mi rendo conto di essere stata
fortunata due volte. Grazie a Luca che ha tradotto il contenuto delle mie
parole in un immagine di copertina che presto vi farò vedere, grazie ad ognuno
di loro per essere una buona squadra, una bella realtà grazie alla quale muoverò i primi passi in
un mondo in cui spero di poter crescere, finalmente.
❤️
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