venerdì 24 maggio 2013

La morte degli altri.

Quelli che vivono vicino a noi non dovrebbero mai morire, mai, nemmeno quelli che conosciamo di sfuggita, nemmeno quelli che conosciamo solo di vista. Piombiamo improvvisamente in una dimensione umana estranea a questa nostra cultura che ha rimosso l'idea della morte. Ogni morte vicina o conosciuta  ci catapulta nella realtà dove il mito della giovinezza eterna non esclude più la fine di questo viaggio. Improvvisamente ricordiamo che la nostra cittadinanza non è di questo mondo e che prima o poi saremo espulsi dall'unica vita che conosciamo, dall'unico mondo che sappiamo. Quando muore qualcuno vicino a noi, qualcuno che abbiamo anche solo salutato, o a cui abbiamo solo stretto la mano o parlato qualche volta,  qualcuno di cui ricordiamo il sorriso dolce magari, il colore dei capelli, degli occhi, proviamo dolore, sgomento, come se si trattasse di un evento contronatura, ingiusto, sempre. Ci commuoviamo fino alle lacrime durante l'ultimo saluto, scrutiamo con curiosità i volti sfigurati dal dolore di quelli che lo amavano, che vivevano con lui, le nostre gambe si fanno improvvisamente deboli. La verità però è che non piangiamo per il ricordo di quegli occhi, di quei capelli, di quel sorriso, non piangiamo solo perchè la morte implica una separazione eterna in cui mai più ci rivedremo, mai più ci toccheremo, non piangiamo solo quella morte, quell'amore, quell'affetto, o solo quella simpatia che provavamo, la verità è che chiunque muoia, noi piangiamo la nostra morte. L'empatia per il dolore altrui nasce dal pensiero del dolore che proveremmo noi se ci trovassimo nella medesima situazione. Proviamo ad immaginare quale sarebbe il nostro dolore se ci trovassimo improvvisamente di fronte alla perdita di nostro  padre, di nostro fratello, di nostra madre, di fronte al non sapere se sapremmo imparare a vivere in un mondo dove quelli che amiamo non ci sono più. Piangiamo perchè non accettiamo il morire nè il nostro nè quello di chi amiamo nè quello di quelli che conosciamo. Piangiamo perchè sentiamo che la morte di qualsiasi altro è sempre preferibile alla nostra, piangiamo la nosta fragilità, la nostra debolezza, la nostra impotenza rispetto ai disegni più grandi che non possiamo controllare. Piangiamo perchè in realtà qualunque sia la nostra vita, il nostro destino, qualunque siano state e siano le nostre sofferenze, chiunque ci rimanga o chiunque possiamo aver perduto, non vorremmo mai morire, se soltanto potessimo scegliere, sceglieremmo di  vivere per sempre.

4 commenti:

  1. Bella riflessione, bel tema. Argomento spesso allontanato ed evitato ma l'unico ad avere una sua propria realtà e verità. Si può "non nascere", cosa probabile, ma di una cosa siamo certi: una volta venuti al mondo dovremo lasciarlo. E' l'unica "certezza" della vita; ecco perchè qualcuno ha inventato la "vera vita" dopo la morte. Per darsi conforto, coraggio, speranza. Per prolungare la vita.
    L'unico dolore che vedo è l'idea di dare un dispiacere agli altri con la propria morte. Questo è veramente angosciante; pensarli e vederli angosciati, addolorati, tristi. Persi. Questo ti fa pensare davvero che sarebbe meglio vivere fino alla fine, dopo tutti. Morire da soli. Morire quando si rimane da soli è troppo altruistico; seppellire gli altri per non dargli dolore. Ma quanta forza hai bisogno per sopportate tutto quel dolore? Infinita quanto l'egoismo che c'è nel cuore.
    No la morte è la sola cosa che dovrebbe guidare la vita ma allo stesso tempo è la sola cosa cui (per cultura) non pensiamo mai. se ne facessimo il metro di misura quotidiano della felicità sapessi che spettacolo sarebbe la vita.
    Grazie

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  2. Tornando a casa riflettevo su questo argomento e mi sono tornate in mente le parole che "aprono" la prima pagina del mio ultimo quaderno degli appunti. Risale a questa primavera ancora fredda, dopo la neve: the gods envy us. They envy as because we are mortal. Because any moment might be our lost. Everything's more beautiful because we are doomed. You will never be lovelier than you are now. We will never be here again.
    RG

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  3. Ciao Cristina, una mia amica mi ha indirizzato sulla tua pagina.

    Vorrei sottoporti una lettura sulla vita (e la morte) per provare a confrontarsi con un punto di vista diverso... tendenzialmente all'oppposto del tuo. :-)

    http://www.near-death.com/book/nothing_better_than_death.html

    Alcuni oltre alla fragilità e all'impossibilità di determinare la nostra vita... ci trovano che ci può essere anche qualcosa di positivo.

    ps: non ne conosco una versione italiana e per quello devo sottoporti quella inglese.

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  4. Ciao Mazzo, tra i miei tanti limiti c'è anche quello di non conoscere l'inglese abbastanza bene per leggerne un trattato, non avresti qualcos'altro da sottopormi? Sappi comunque che la lettura di Epicuro Spinoza e Seneca solo per fare alcuni esempi,non mi ha aiutato a vedere e trattare l'argomento in maniera diversa! :) grazie,aspetto tue allora!

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