sabato 4 maggio 2013

Dietro un #vetro.

Nei miei ricordi di bambina mi rivedo seduta ad un tavolo già immersa nei miei libri e disegni e colori e  silenzio, un silenzio emotivo, affettivo, in cui inventavo delle storie. Erano storie di bambine, di donne amate e di ragazze sfortunate prima, a cui la vita  regalava dopo, quella felicità che io vedevo sempre legata all'amore. Favole. Inventavo favole. Le scrivevo, le illustravo, le davo da leggere a quella che è ancora l'amica del mio cuore, ma soprattutto le raccontavo della mia vita felice. Ero una bambina bugiarda. Bugiarda per dolore, delusione, rammarico. Bugiarda per abbandono. Mia madre mi dava sempre le spalle, stava dietro un vetro, alla finestra, guardava il mondo fuori come se fosse in prigione, in trappola, e lo era. Io le stavo sempre attaccata, silenziosamente aggrappata a quelle sue spalle,  l'amavo, nonostante tutto, e con tutta me stessa, la sentivo, già, la capivo. Aveva sognato per sé una vita che non era arrivata, ero arrivata io però in compenso, e lei, lei era davvero troppo giovane per amarmi, e tutto questo ci ha separate per sempre in una maniera che non saprei dire. Adesso, io che di figli non ne ho avuti, quando vedo Tabata, la mia gatta, seduta sul davanzale di una finestra chiusa, intenta a guardare il mondo fuori, dall'alto, da dietro un vetro, anche lei, come una principessa triste da una torre, sento una fitta al cuore, di dolore, mentre un nodo mi serra la gola e mi inumidisce gli occhi. Ho paura che lei possa sentire lo stesso senso di abbandono che sentivo io, ho paura che non si senta amata, accudita, ho paura che abbia nostalgia del mondo fuori, che sogni un'altra vita lontano da me, anche lei, ho paura che possa sentirsi desolatamente sola.

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