martedì 8 agosto 2017

Il #mondo visto dall'alto

Quando posso scegliere il posto in aereo, scelgo quello finestrino sull'ala, un po' perché ricordo che fu mio padre a consigliarmelo la prima volta , un po' perché per qualche strano scherzo della mente, quel posto, in quella posizione, mi fa sentire un po' più al sicuro. Mi immagino seduta lì con le gambe a penzoloni e le mani strette alle lamiere, come ci si siede da bambini su tutto quello che è troppo alto per noi. Immagino di poter respirare liberamente mentre osservo il mondo dall'alto con il vento tra i capelli. Per me che capisco poco di matematica e fisica l'aereo rimane un miracolo dell'uomo;decollare, prendere il volo rimane un'emozione sempre nuova, sempre diversa  e allo stesso tempo uguale e liberatoria. E dire che mio padre lo soffriva tanto, l'ansia per lui era più forte di tutto, quella stessa ansia che gli ha impedito spesso di vedere le cose con più lucidità, di fruire di emozioni grandi, di sentire appunto la libertà di alcuni momenti : istanti. Normalmente io ne vengo assalita durante l'imbarco o quando in volo si passa attaraverso una nuovola che fa sussultare l'aereo, o se avverto rumori  strani e movimeti diversi dell'equipaggio, "strani" e "diversi" solo per me ovviamente. Ricordo con un sorriso che durante i miei primi voli osservavo continuamente le espressioni facciali dello staff per capire se tutto procedeva per il verso giusto pur non avendo mai prestato attenzione alle spiegazioni iniziali su come in caso di emergenza si dovrebbe agire nella speranza di potersi salvare. Non credo che in aria ci possa salvare, non credo a nessuna possibilità di salvezza. Un aereo rimane una trappola di ferro, come lo è stato l'amore per me, come lo è adesso il dolore. E così durante l'imbarco mi capita  tutte le volte di osservare  le persone che voleranno con me, di immaginare le loro vite, le loro storie, non potendo fare a meno di chiedermi se il mio destino non sia legato a quello di tutti questi estranei, se non fossimo tutti già dalla nascita destinati a condividere il terrore degli ultimi momenti della nostra vita. Oggi che non sono più così giovane, oggi dopo tanti dolori e vicissitudini che mi hanno messo di fronte al fatto che anche io sono normale, che anche io sono come gli altri, che che a me è stato, è dato, di vivere il peggio della vita, oggi mi capita di pensare tutto questo anche quando sono insieme agli amici, alla mia famiglia, mi capita di chiedermi chi di noi se ne andrà per primo e in che modo, chi soffrirà prima, di più, e per quanto.Oggi mi capita di guardare tutti , o anche foto e filmati nemmeno tanto vecchi, e di chiedermi cosa avremmo fatto se solo avessimo saputo prima cosa stava  per succedere, cosa sarebbe successo a quelli che amiamo, quale sarebbe stato il nostro e il loro destino. E mi chiedo se ci fosse stato chiesto prima di venire al mondo, magari guardandolo dall'alto come me da questo aereo oggi, mi chiedo se avessimo deciso lo stesso di lasciare le mani, raddrizzare le gambe e saltarvi dentro. Anche fino a qualche anno fa avrei risposto che si, che ne valeva comunque la pena, per l'amore, per il mare, per il cielo, e come scrivevo in questo diario virtuale ero sempre convinta che la somma di quello che mi era rimasto fosse maggiore di quello che avevo perduto, e che la morte sarebbe stata un'esperienza necessaria da vivere dopo tutto questo bene e tutto questo male. Ma oggi, oggi davvero non saprei rispondere. Oggi che  il dolore è ancora più grande di ieri, ancora più profondo anche di quello di un anno fa, un dolore così costante che anche pensare di esplodere in volo, oggi, mi fa sorridere, mi fa vivere questo viaggio con serenità, perché sono già così in alto che potrei arrivare più velocemente in un mondo senza dolore, diverso da quello che vedo da quassù, così bello e così brutto, così pieno di orrore, un orrore che copre qualsiasi piccola gioia, perché quando arrivi ad un certo punto del tuo cammino, quando comunque sei compiuto, e tutto il resto che farai è solo un di più, le gioie sono diverse da un tempo, e non sono mai sole, si portano dietro malinconia, rimpianto, sensazione di perdita. Certo nessuno lo sa a parte te, il mondo crede che si vada avanti, che il tempo sia un amico, quell'amico fedele che prima o poi ti uccide, ma mentre ti vedi invecciare, mentre ci sono giorni in cui ti senti cento anni nel cuore, in quei giorni sai che non sei più lo stesso, che sei più vulnerabile, perchè non è vero che il dolore rende più forti o peggiori in qualche caso. Se si pensa che qualsiasi cosa serve a farti solo diventare chi sei, allora spesso tutto questo orrore emotivo non serve più a nulla, se non a farti diventare preda di altre brutture, di attacchi inaspettati che non hai più la forza di fronteggiare, di altro desiderio di solitudine. Io sono sempre io, tu sei sempre tu ho scritto mesi fa parafrasando S.Agostino, ma se è vero che rimarremo per sempre quello che siamo state l'una per l'altra, io e Lavinia, o l'uno per l'altra, io e mio padre, io che sono ancora qui, non sono più io. Non sono migliore e non sono peggiore, e sicuramente non sono nemmeno piu forte, forse sarà un tempo molto lontano a dirmi cosa sono diventata, in che misura sono cambiata, o forse non avrò la capacità, la possibiltà magari, di capirlo. Nel frattempo il mondo sotto non si vede neanche più, non si vede terra e non si vede mare, ogni tanto ho un sussulto nello scorgere il mio pallido riflesso, vedo gli stessi occhi di mio padre che mi fissano da chissà dove, e mentre prendo atto del fatto che le rughe ormai accarezzano anche i miei, sorrido con sgomento pensando a te che ci tenevi tanto a non averne, che volevi  ricacciarle indietro ad ogni costo, rallentare la loro corsa il più possibile fino quasi  a fermarle! E non vedo più nulla, la vista mi si offusca completamente pensando allo scherzo macabro che il destino ci ha giocato, due volte, che il destino ha giocato soprattutto a te: mentre io invecchio, tu, sei rimasta bella per sempre.

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